Dal calcio al rugby, con la zona arancione sono ripartiti gli allenamenti: «Per i giovani una valvola di sfogo»

Le squadre sono tornate sul campo. Training distanziato e massima attenzione ai protocolli di sicurezza.

Di nuovo in campo, con la speranza che questa sia la volta buona. Appena il semaforo delle zone, da rosso che è stato per un lungo periodo, s’è tramutato in arancione, l’attività sportiva ha subito ritrovato energia e organizzazione e in tutta la provincia le società di calcio, rugby e altri sport di squadra, bloccate sin qui, si sono rimesse in moto, riattivando i propri atleti per gli agognati allenamenti. Certo, in molti casi è necessario ricorrere alla ormai ben nota modalità «individuale»: l’intero gruppo si ritrova sul terreno di gioco, ma in una logica di distanziamento che, senza poter ricorrere al contatto (quindi restano vietate le partitelle), permette comunque di riprendere e curare la preparazione fisica e tecnica, sin qui sottoposta alla sordina del lockdown. In realtà, riprendere gli allenamenti significa soprattutto dare ai ragazzi la possibilità di uscire dalle mura domestiche e ritrovare la socialità con i compagni ancor prima del pallone. «Quello è sempre stato il nostro obiettivo primario», sottolineano Stefano Turchi e Omar Mazzilli, responsabili del settore giovanile del Brusaporto che, a livello calcistico, gioca con la prima squadra in serie D e poi propone una «cantera» di circa 300 tesserati. «In una stagione come questa, gli aspetti atletico-sportivi passano in secondo piano. La nostra società ha sempre offerto ai suoi ragazzi la possibilità di allenarsi e stare insieme, ricavandone un riscontro quasi totale: questo ci ha confortati e stimolati ad andare avanti, tanto che ci siamo fermati soltanto nei periodi di zona rossa».

Riaperti anche i cancelli del centro sportivo «Ambrogio Mazza» di Treviglio, dove si sono rimesse in moto società di calcio come l’Acos e la Trevigliese. Per quest’ultima, la riflessione è affidata a Bruno Brulli, il referente del vivaio: «Questo continuo staccare e riattaccare la spina richiede a dirigenti, tecnici e famiglie sforzi e impegni supplementari, ma sono sacrifici che si fanno volentieri: sappiamo perfettamente quanto sia importante offrire valvole di sfogo a ragazzi a cui in questi mesi è stato tolto un po’ tutto. Tra l’altro, riaccendere i motori è anche piuttosto semplice: i nostri tesserati non aspettano altro e i dirigenti ormai hanno mandato a memoria tutti i protocolli necessari a garantire la salute e la sicurezza generali».

Sullo stesso campo si muovono anche le squadre del Rugby Treviglio, per le quali, spiega il direttore sportivo Giuliano D’Angelo, è per ora prevista una ripresa soft. «A livello di normativa federale, noi potremmo anche strutturare i nostri allenamenti in maniera completa, perché i campionati sono riconosciuti di interesse nazionale (a differenza di quanto accade per la maggior parte nel calcio, ndr) e dunque è ammesso il contatto fra i giocatori in campo. Ma questo richiederebbe il sottoporsi a tutta la procedura dei tamponi settimanali e ai rischi della quarantena: preferiamo evitare qualsiasi complicazione, pertanto manterremo le regole del distanziamento e dell’allenamento individuale, anche perché siamo convinti che, in questo momento, l’aspetto fondamentale sia ritrovare il piacere del campo e dello sport. Ce lo hanno chiesto anche i genitori, per loro la cosa più importante è rivedere i figli in attività: alle mischie penseremo più avanti».

In un contesto fatto di continui «stop and go» c’è poi chi, in realtà, non si è mai fermato. Nel mondo della pallavolo lo status di «nazionale» viene riconosciuto a tutta l’attività agonistica (dall’Under 13 in su), quindi allenamenti e pure amichevoli si sono succeduti anche in periodo di zona rossa. Capita, ad esempio, in casa Martinengo Volley, come racconta il presidente Pierluigi Cucchi: «La nostra palestra è comunale e l’Amministrazione ci sostiene perché sa quanto ci siamo adoperati per il rispetto dei protocolli di sicurezza. Questo ci ha permesso di dare continuità a una stagione che ora ha visto pure riprendere i campionati Fipav, sulla scorta delle indicazioni fornite dall’Addendum 2: lo screening di squadra prevede controllo della temperatura, autocertificazione, mascherina e quant’altro, ma non il tampone». Ovviamente, se un componente del gruppo squadra dovesse risultare positivo scatterebbero l’isolamento e tutta la procedura della quarantena: «Incrociando le dita, per ora non ci sono stati problemi. Ma è un rischio che abbiamo deciso di correre, dopo esserci confrontati anche con le famiglie: è da loro che abbiamo ricevuto la spinta necessaria a fare tutto il possibile per avere le nostre ragazze in campo e vederle felici con il pallone fra le mani».

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