Disturbi alimentari, con la pandemia le richieste di aiuto sono cresciute del 120%

Bergamo, il centro della Casa di Cura Beato Palazzolo: il Covid ha «nascosto» i casi: quest’anno 131 prime visite, nel 2020 erano state 59. Allarme per i giovanissimi.

Una sofferenza enorme che prende corpo e psiche, colpisce persone sempre più giovani, in particolare le ragazze e le adolescenti più che i maschi. Con la pandemia il bisogno di aiuto è cresciuto, i disturbi sono rimasti chiusi tra le pareti delle case, all’interno delle famiglie, e ora, con il virus che continua a colpire ma che, almeno nella Bergamasca, sembra più sotto controllo, i casi stanno emergendo: sono i disturbi del comportamento alimentare, con l’anoressia in primo luogo, che può avere anche conseguenze fatali, la bulimia, gli atteggiamenti compulsivi verso il cibo, la necessità del controllo di sé attraverso l’alimentazione. Alla Casa di Cura Beato Palazzolo di Bergamo esiste da ormai vent’anni un Cda, Centro apposito sui disturbi per il comportamento alimentare, nato come «Casa Teresa»: i numeri della sua attività parlano da soli, e indicano l’esplosione del fenomeno. Solo guardando alle richieste di presa in carico/prime visite l’aumento è chiaro: sono state 59 nel 2020, l’anno della pandemia, quando, peraltro il Centro ha sospeso la sua attività per un lungo periodo, mentre a ottobre 2021 le richieste di presa in carico/prime visite sono a oggi 131. Guardando al 2019, quando il Sars-Cov2 non era ancora entrato nelle nostre vite, le richieste erano state 124, e 128 nel 2018.

«Le domande di presa in carico, a cui noi rispondiamo e abbiamo risposto con diverse proposte terapeutiche, che possono andare dal ricovero fino alla consulenza ambulatoriale e al day hospital, sono una fotografia importante della crescita del fenomeno. Le richieste e le prime visite denotano una crescita del 120%: la pandemia ha “nascosto” i casi. Un aumento che, va rimarcato, avevamo già notato negli anni precedenti al Covid e che non si è mai fermata – sottolinea Chiara Cappelletti, medico internista ed endocrinologa, 41 anni, attuale responsabile del Dipartimento Disturbi comportamento alimentare della Palazzolo dal 18 ottobre, dove ha preso il posto dell’ideatore del Centro, Angelo Amaglio, che va a guidare un nuovo progetto della Casa di cura rivolto alla Medicina e all’intensità di cura –. Nel valutare i numeri, peraltro, va tenuto conto del fatto che da marzo a fine maggio 2020 il Centro ha sospeso le attività perché eravamo diventati struttura di ricovero per i malati Covid, e che anche nel febbraio-marzo 2021 l’attività per i disturbi alimentari era ferma per il Covid. Oltre a una richiesta più elevata di aiuto, ora stiamo assistendo anche a un calo dell’età delle persone che si rivolgono a noi, soprattutto ragazze: possiamo seguire pazienti dai 15 anni in su, ma abbiamo ricevuto richieste anche per bambine, intorno ai 10, 11 anni. Quasi sempre per anoressia. E diversi casi ora ricoverati sono situazioni davvero complesse. Non sono rare le pazienti che hanno bisogno di un ricovero che richieda anche un’alimentazione attraverso la nutrizione con sondino».

L’approccio alle pazienti che arrivano al Centro è multidisciplinare (psichiatra, internista, nutrizionista, psicologi, educatori), e modulato sulle necessità: si va dai ricoveri in Medicina (3 posti a disposizione), a quelli in Riabilitazione (9 posti a disposizione), fino alle prestazioni ambulatoriali o anche alla formula del day hospital, in cui si entra nel Centro al mattino, dove si consumano i pasti e si svolgono attività, per fare rientro in famiglia alla sera.

«I numeri dei ricoveri quindi, indicano solo una delle modalità della presa in carico – continua Chiara Cappelletti – perché non tutte le pazienti ne hanno bisogno. E per il day hospital va rimarcato che anche in questo caso l’attività ha dovuto subire diverse sospensioni, per il Covid e la necessità dei tamponi per il reingresso quotidiano nella struttura, secondo le norme contro i contagi». Confrontando i dati dei ricoveri, nel 2019 (ordinari e day hospital) sono stati 80, quelli di quest’anno, a tutto ottobre, 42, e «pesa» quindi proprio l’attività di day hospital «che solo in quest’ultimo periodo, grazie anche all’avvento dei vaccini e del Green pass è stato possibile far ripartire a regime», sottolinea Alberto Imberti, direttore sanitario della Casa di Cura Palazzolo. Per l’attività ambulatoriale il totale delle prestazioni (che vanno dalle visite psichiatriche alle valutazioni del dietista, al counselling individuale e familiare) sono state 5.195, quelle fino a ottobre di quest’anno 4.435. Alcune delle prestazioni mostrano valori praticamente identici al 2019, e tenendo conto che l’anno in corso non è ancora finito si può dedurre che il problema, dall’anoressia alla bulimia, è rimasto «nascosto» durante la pandemia ma sta riemergendo: per esempio le valutazioni del dietista nel 2019 sono state 1.594, e nel 2021 (dati fino a ottobre) 1.550, i colloqui di psicoterapia 2.646 nel 2019 e quest’anno 2.199, raddoppiati nel 2021 i colloqui familiari (in coppia) 203, contro i 101 del 2019 e sono cresciuti anche quelli singoli, 93 due anni fa e 126 nel 2021.

«I disturbi alimentari, soprattutto nell’età adolescenziale, ma anche tra i più piccoli sono in crescita da anni e noi siamo in Bergamasca l’unico Centro così organizzato per dare risposte su diversi livelli – evidenzia Alberto Imberti – . Lo stop della pandemia ha purtroppo rallentato le nostre attività, ora siamo tornati a pieno regime, anche con il day hospital, e con una nuova organizzazione dell’intero Dipartimento. Le richieste di aiuto che arrivano dal territorio sono di notevole portata, e il nostro Centro, riconosciuto come Riabilitazione di primo livello, può fornire, per esempio, ricoveri fino a un mese.Ma cerchiamo comunque di non lasciare sole le pazienti in questo difficile percorso, e spesso i ricoveri vengono allungati anche per più tempo, ma il dispendio di risorse per noi è difficile da sostenere, perché dopo un mese di ricovero perdiamo il 60% del rimborso. Diventa importante quindi, proprio per garantire una continuità dell’assistenza, costruire un percorso che porti ad accompagnare i casi che necessitano di un piano terapeutico più lungo in comunità residenziali ad alta intensità: abbiamo sottoposto il progetto alla Regione Lombardia, pensando a un possibile collegamento tra noi e il centro che è stato finanziato per l’ospedale di Piario. Noi siamo pronti a una collaborazione su una rete più articolata, tra privato e pubblico. Servono risposte per questa emergenza».

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