Famiglia bergamasca alle Canarie: «Eruzioni bomba, eravamo terrorizzati»

Il risveglio del vulcano a La Palma vissuto da una famiglia originaria di Scanzorosciate. «Ogni esplosione faceva tremare i vetri, i bambini non ce la facevano più. Ora ci siamo rifugiati a Fuerteventura».

«I bambini erano terrorizzati. L’eruzione del vulcano è come un continuo bombardamento. Ripetute esplosioni che, ogni volta, fanno tremare i vetri. Abbiamo dovuto lasciare casa. Ora la città è deserta, una frazione con 500 case è stata completamente sepolta dalla lava, ogni attività ferma, tutto avvolto da cenere e da un fumo nero». Mirko D’Annibale, 41 anni, trasferitosi con la famiglia quattro anni fa nell’isola La Palma, alle Canarie (Spagna) da Negrone di Scanzorosciate, così racconta i giorni drammatici che sta vivendo la popolazione dell’isola spagnola, colpita dall’eruzione stromboliana del Cumbre Vieja. Migliaia le persone sfollate, un intero abitato sommerso dalla lava, le strade interrotte e l’isola avvolta da un fumo nero. Mirko, con la moglie Tiziana Tiraboschi, originaria di Ranica, e i figli Mattia, 11 anni, e Greta, di 8, abitava a Scanzorosciate. Poi la decisione di cambiare vita e aprire una gelateria a Los Lianos de Aridane, in una delle più piccole isole delle Canarie, La Palma. Qui vive da circa quatto anni.

«Per una settimana si sono susseguite più di quattromila scosse di terremoto – racconta D’Annibale – che hanno preannunciato l’eruzione del vulcano. Per questo i vulcanologi, prevedendo quanto poi sarebbe successo, hanno fatto evacuare buona parte della popolazione, almeno quella più vicina alla montagna. Noi siamo rimasti a casa ospitando anche alcuni amici che erano stati sfollati. Le scosse di terremoto, però, continuavano. Poi il 19 settembre è iniziata l’eruzione del vulcano, da una zona che in precedenza non aveva mai dato segnali. Noi siamo a circa quattro chilometri dal punto in cui ha iniziato a colare la lava».

«Delle bombe, sembravano come bombe – continua D’Annibale che, prima di trasferirsi nell’isola sulle coste africane, lavorava per un’azienda che produce macchinari e arredi per gelaterie ad Azzano – perché l’attività del vulcano è stromboliana. Le esplosioni erano continue. La gente aveva paura, e ha paura. I miei figli erano terrorizzati, non ce la facevano più. A quel punto, era domenica scorsa, abbiamo deciso di lasciare casa, anche perché stava diventando per due famiglie». «Nel frattempo la lava – continua Mirko – aveva distrutto la frazione di Todoque, raggiunta dopo circa un chilometro e mezzo, e proseguiva il suo percorso verso il mare». Proprio l’altra notte e dopo circa cinque chilometri, il fiume incandescente ha raggiunto l’oceano. L’incontro tra il materiale infuocato e l’acqua salata ha sollevato un’enorme nube nera, che ha avvolto tutta l’isola. «Noi ora ci siamo rifugiati in una casa vacanze nell’isola di Fuerteventura – continua D’Annibale –. Domenica vorrei tornare in città, a casa e alla gelateria. Ma tutto sull’isola è fermo».

La lava fuoriuscita dal vulcano Cumbre Vieja, intanto ha distrutto oltre seicento edifici nel suo percorso verso l’oceano, raggiunto l’altra sera. Il magma ha creato nel mare un «impressionante deposito» di cinquanta metri d’altezza e poi un «delta» incandescente che «sta conquistando terreno al mare», secondo le osservazioni dell’Istituto spagnolo di Oceanografia. Le autorità hanno chiesto alla popolazione di rispettare la zona ad accesso proibito stabilita vicino al vulcano per evitare pericoli come le inalazioni di gas sprigionati dopo il contatto tra la lava e l’acqua marina. E una parte degli abitanti del comune di Tazacorte ha ricevuto l’ordine di rimanere in isolamento in casa.

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