Ghiacciaio del Gleno verso l’estinzione
Sciolti altri due metri nell’ultimo anno

Il ghiacciaio del Gleno, l’ultimo perenne sul versante bergamasco delle Orobie, si sta estinguendo. Negli ultimi dodici mesi è calato di due metri.

Si scioglie goccia dopo goccia, inesorabilmente. Il ghiacciaio del Gleno, l’ultimo perenne rimasto sul versante bergamasco delle Orobie, è calato di circa due metri negli ultimi dodici mesi. Per un ghiacciaio è una diminuzione davvero impressionante. E pensare che meno di un secolo fa il suo fronte si trovava centinaia di metri più a valle rispetto ad oggi, come testimoniano i depositi morenici rimasti in loco dopo la sua ritirata e le misurazioni storiche, di cui si trova traccia già dai primi anni del 1900.

L’allora enorme ghiacciaio del Gleno occupava un’area di circa 100 ettari, compresa tra la Cima Trobio, il Monte Gleno, il Pizzo Tre Confini ed il Pizzo Recastello. Poi iniziò il veloce declino.

Nel 1942 si separò in due vedrette (poi nominate Trobio occidentale e orientale), nel 1970 divennero tre a causa dell’ulteriore frammentazione di quest’ultima. I cambiamenti morfologici e volumetrici nel breve periodo possono invece essere dedotti da un veloce confronto fotografico che conferma come negli ultimi dodici mesi si sia verificata un’ulteriore regressione della piccola porzione di ghiaccio ancora presente.

PRIMA E DOPO

Circa due metri, o poco più, la perdita stimabile del suo spessore nella parte alta, dove il ghiaccio si «appoggia» al versante roccioso fornendo ottimi punti di riferimento per poter eseguire questo confronto. Alla luce di questo trend negativo ormai consolidato (negli ultimi 20 anni solo nel 2014 si è verificato un incremento della sua area) pare ormai un lontano ricordo quello che Cristiano Perolari conserva nella sua memoria.

«Verso la metà di luglio – dice – con altri ragazzi di Vertova salivamo al Curò per trascorrere alcuni giorni di vacanza. Al mattino presto, sci in spalla, si partiva in direzione del ghiacciaio del Gleno dove mio padre ed i rifugisti allestivano sempre un piccolo skilift utilizzando il motore di una Vespa. Oltre alla benzina per farlo funzionare portavamo alcuni panini poiché vi restavamo anche nel pomeriggio. Sciavamo fino alla prima settimana di agosto e poi tutto veniva smantellato e riportato a valle». Il padre Dino, che nel 1957 posò la famosa campana ai 2.824 metri del pizzo Tre confini, aggiunge poi un ulteriore aneddoto. «In quella circostanza il ghiacciaio copriva tutta l’enorme conca sottostante raggiungendo quasi la vetta. Lo ricordo bene perché i miei amici mi calarono 4/5 metri con una corda verso la sua crepacciata sommitale per prelevare del ghiaietto che si era depositato e ci sarebbe servito per fare il calcestruzzo».

Un’altra testimonianza storica si può trovare nell’archivio de L’Eco di Bergamo, che nel 1963 lanciò un’iniziativa di studio proprio sul ghiacciaio del Gleno nella sua fase invernale.

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