Guarito dall’ictus, parla con accento slavo
Il caso bergamasco unico in Italia

È capitato a un bergamasco colpito da sindrome da accento straniero. Un caso eccezionale al centro di uno studio di due medici del Papa Giovanni con l’Università di Padova. «La causa? Una lesione del cervelletto».

Ci sono voluti tre anni per sincerarsi non si trattasse di un’anomalia momentanea. Di una conseguenza dell’ictus, una delle tante, pronte a passare nel giro di qualche settimana dal risveglio. E invece no. Un paziente bergamasco colpito da ictus nel 2016, dopo tre anni, continua a parlare con un accento diverso dal suo. Un accento slavo. È una storia che sembra avere dell’incredibile, ma l’incredibile non sta dove si potrebbe immaginare. La sindrome da accento straniero, seppur non comune, esiste. In letteratura, dicono gli esperti, si contano 115 casi. Casi di persone colpite da ictus, e che – pur essendo guarite del tutto, come nel caso del paziente bergamasco – parlano con un accento diverso da quello «madre». Non solo dopo il risveglio. Anche a distanza di anni. C’è chi si risveglia e continua a parlare con un accento tedesco, chi francese. O chi, come nel caso del paziente bergamasco, slavo: pur non essendo mai stato nè avendo avuto alcun contatto con le regioni in cui quella cadenza è predominante.

Ma la straordinarietà di questo caso va ben oltre: e risiede nel fatto che il cittadino orobico, durante l’ictus, non ha subito lesioni all’emisfero sinistro del cervello, quello cruciale nella produzione del linguaggio. Al contrario, l’ictus lo ha colpito nella parte destra. I medici del Papa Giovanni XXIII - in particolare Lorella Algeri, neuropsicologa, e Laura Barachetti, logopedista e psicologa - si sono quindi trovati davanti a un rarissimo caso di sindrome da accento straniero su pazienti colpiti da ictus sull’emisfero destro, non sinistro, del cervello. Un caso rarissimo, si diceva: in letteratura se ne contano solo tre in tutto il mondo, e quello bergamasco è il primo in Italia.

Tanto che l’indagine condotta dal team del Papa Giovanni insieme a un folto gruppo di esperti del dipartimento di Psicologia generale dell’Università di Padova diventerà un caso di studio, con la pubblicazione sulla prestigiosa rivista internazionale Cortex.

«Abbiamo studiato e monitorato il paziente per tre anni dopo l’ictus – spiega Lorella Algeri – e possiamo dire con estrema certezza che non ha alcun deficit linguistico. Parla italiano perfettamente, solo con un accento diverso dal suo. Un accento slavo, appunto. Abbiamo ascoltato e confrontato registrazioni della sua voce effettuate prima e dopo l’ictus, e sia i familiari che i clinici hanno riconosciuto una cadenza chiaramente straniera. La cosa straordinaria è che tutte le altre funzioni cerebrali, inclusi i restanti aspetti del linguaggio, erano e sono intatte».

Due le conclusioni a cui è arrivato il team di esperti. «Innanzitutto si è scoperto che l’accento è un aspetto dissociato ad altre abilità del linguaggio. Non si spiegherebbe, altrimenti, come mai il paziente abbia intatte tutte le proprietà del linguaggio, ad eccezione appunto della cadenza». La seconda, invece, ha a che fare con il cervelletto: «Abbiamo dimostrato che la sindrome da accento straniero può essere generata da una lesione silente al cervelletto. Per capire l’origine dell’anomalia del paziente bergamasco e scoprire se, con l’ictus, erano state danneggiate altre aree del cervello non indagate durante una prima valutazione clinica, abbiamo cercato eventuali lesioni del cervelletto. E abbiamo riscontrato un metabolismo ridotto: per semplificare diciamo che l’organo - responsabile della coordinazione dei movimenti, inclusi quelli della bocca per poter parlare - non funzionava a pieno regime. E così abbiamo dimostrato per la prima volta che una lesione silente al cervelletto può generare la sindrome da accento straniero anche in seguito a una lesione emisferica destra».

E l’accento slavo sembra proprio non volersene andare: la logopedista Laura Barachetti si è occupata per anni del paziente bergamasco e, nonostante il lungo lavoro riabilitativo, la cadenza slava è rimasta intatta. Anzi. È talmente convincente il suo accento straniero che chi incontra l’ex paziente bergamasco, spesso, si complimenta «per come parla bene italiano».

© RIPRODUZIONE RISERVATA