«I Cre non saranno come prima
Ma i ragazzi non resteranno soli»

L’incertezza per l’estate. Don Emanuele Poletti (Pastorale età evolutiva) al lavoro per rivedere le modalità d’incontro: «Serve un patto educativo territoriale. Noi stiamo formando gli educatori degli adolescenti».

«Noi ci siamo, non lasceremo soli bambini e adolescenti per tutta l’estate. Per riuscirci, nelle forme inedite che la situazione richiede, occorre un patto educativo territoriale. Siamo flessibili: niente può essere fatto nel modo abituale, neppure i Cre. Possiamo lavorare con tutti, l’importante è essere vicini ai ragazzi».

Don Emanuele Poletti, direttore dell’Upee, l’ufficio diocesano per la pastorale dell’età evolutiva, è molto in sintonia con l’appello del Comune di Bergamo per l’estate dei ragazzi e come Diocesi prevede la riflessione a tutto il territorio provinciale.

«Il bisogno di normalità sociale è sempre più forte fra i ragazzi» racconta don Poletti. «Già prima di Pasqua come diocesi abbiamo fatto una lettura condivisa dei bisogni che ci ha confermato alcune sensazioni: bisogno di uscire, di stare fra coetanei, di ritrovare una direzione. Le parrocchie ci hanno segnalato i ragazzi più provati perché non possono accedere o trarre vantaggio neppure dai surrogati virtuali della relazione educativa: i disabili, i figli di stranieri, la fascia d’età zerosei».

Soprattutto gli adolescenti hanno bisogno di «fratelli e sorelle maggiori» che li aiutino a rileggere le vicende di questi mesi, a rielaborare i lutti familiari che spesso li hanno colpiti. Apparentemente la giornata è organizzata, ma sotto c’è un grande smarrimento che si aggiunge al travaglio ordinario della crescita. Alcuni sotto pressione sono maturati in fretta, altri rischiano di crollare senza capire che cosa sta succedendo intorno a loro.

«Siamo determinati a offrire durante l’estate la nostra vicinanza – continua don Poletti – e a mettere in campo tutte le nostre risorse. Il “come” dipenderà dalle indicazioni che daranno i decisori scientifici e politici».

Intanto si preparano scenari: se sarà possibile muoversi in piccoli gruppi, si potranno realizzare dei percorsi fisici, all’aperto e non, con varie attività dove turnare distanziati; ma appunto si deve sapere se e quali spazi e che numeri saranno permessi in Lombardia.

Una stagione normale di Cre mobilita sul territorio bergamasco circa 100.000 persone, con un 80% di giovanissimi, fra i quali gli animatori adolescenti, che sono il 25%. Ma nella situazione straordinaria i numeri saranno maggiori: «Occorre –ripete don Poletti – l’impegno di tutta la comunità ecclesiastica e civile perché aumenterà il bisogno di risorse umane. Per cui è necessario un patto educativo territoriale, del quale la chiesa si mette al servizio con tutte le sue risorse e il suo know how».

Le diocesi lombarde sono in contatto costante con le istituzioni per capire, entro maggio, come potranno muoversi. Se il lavoro riprende, le famiglie non avranno ferie e una soluzione per i figli si impone. Ma le regole del gioco devono essere fissate dalle istituzioni.

Più facile intanto definire i contenuti: «Stiamo facendo formazione con gli educatori degli adolescenti: si lavora con giovani e adulti su concetti duri come il limite, la paura, la morte, la malattia, la fragilità, il vuoto, perché possano poi offrire una spalla strutturata agli adolescenti».

È riemersa la necessità di avere una spiritualità, una dimensione interiore e religiosa per poter leggere la realtà. Constatati i limiti della scienza - che non può dare tutti i rimedi - e delle organizzazioni umane, si riscopre che dobbiamo imparare a convivere con l’incertezza e la provvisorietà quotidiane. «Abbiamo bisogno di qualcosa che tenga insieme tutte le parti – sottolinea don Poletti –, che ci eviti di esplodere in mille pezzi sotto la pressione degli avvenimenti. Il limite e la fragilità fanno parte di noi, diventiamo uomini attraverso questo, ma la cultura dalla quale proveniamo l’aveva nascosto. Gli adulti perciò faranno più fatica ad accettare nuovi punti di vista. Ai giovani è affidato il compito di progettare qualcosa di nuovo e di più umano, per questo dobbiamo puntare su adolescenti più consapevoli».

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