«Il mio risveglio da sogno a Palermo»
Ettore ce l’ha fatta, curato in Sicilia

Ricoverato a Seriate ai primi di marzo, Ettore Consonni di Bergamo si è risvegliato al Civico del capoluogo siciliano dopo 25 giorni: «Non ci credevo. È stata come una rinascita». Martedì 21 aprile le dimissioni

Lo ripete una, due, dieci volte in un minuto: «Ce l’ho fatta, avete visto? Ce l’ho fatta, ce l’ho fatta». È come un mantra, un’esultazione che Ettore non scandisce, urla. Urla dalla sua stanza nell’ospedale di Palermo, in mano non ha il cellulare, rimasto a casa, ma il telefono del reparto.

E mentre parla la sua voce eccitata si accavalla alle parole dei medici e degli infermieri siciliani che vogliono far parte, anche loro, del racconto. Sono i primi giorni di marzo quando un’ambulanza della Croce rossa porta Ettore Consonni, 61 anni, di Bergamo, all’ospedale Bolognini di Seriate. L’ex magazziniere in pensione sta male, i sintomi sono quelli che ormai tutti riconoscono come spie del coronavirus: nel suo caso, affaticamento respiratorio associato a una tosse che non lo abbandona da giorni. E infatti il tampone conferma: positivo al covid-19, con polmonite bilaterale.

A Seriate però la situazione s’aggrava, serve un posto per Ettore in Terapia intensiva: e quel posto non c’è. Sono i giorni della crisi, il momento peggiore per la città, gli ospedali non sanno più dove mettere i pazienti che entrano a fiumi nei pronto soccorso cittadini: «Mi ricordo di aver sentito i medici di Seriate parlare con mio figlio. Gli dicevano che ero peggiorato, che dovevo essere intubato. Io pregavo, piangevo e pregavo. Da quel momento non ricordo null’altro». Ettore chiude gli occhi a Seriate, e quando li riapre – 25 giorni dopo - è a Palermo, all’ospedale Civico. Gliel’hanno dovuto ripetere più volte, che era volato in Sicilia con volo militare dall’ospedale bergamasco.

Ma lui niente. Non ci credeva. «No, non ci credevo. Non mi ricordavo nulla. Ho aperto gli occhi in Rianimazione e un medico mi ha chiesto: signor Consonni, come si trova a Palermo? Mi prende in giro, ho pensato. È vero che sentivo un accento meridionale, ma potevano benissimo essere medici arrivati da noi per lavorare a Bergamo». È solo quando il 4 aprile dalla Rianimazione gli infermieri siciliani lo portano nel reparto di Malattie infettive che Ettore realizza: «A quel punto ho capito. Ho capito ed è stato come una seconda rinascita. Non solo ce l’avevo fatta dopo 25 giorni in Terapia intensiva, ma a salvarmi erano stati medici e sanitari siciliani». Consonni - che il 14 aprile ha ricevuto l’esito del doppio tampone: negativo – si racconta da Palermo, mentre aspetta che il volo militare previsto per ieri sera lo riporti a Bergamo. La sua storia ha fatto il giro della Sicilia: quel bergamasco che s’è addormentato su, al Nord, positivo al coronavirus, e ha aperto per la prima volta gli occhi nel profondo sud di Palermo, ha commosso gli isolani.

Anche il presidente della regione Nello Musumeci lo ha chiamato. «E l’ho ringraziato, gli ho detto che la loro ospitalità conferma che l’Italia è una sola. Qui mi sono sentito a casa. Mi hanno curato con un amore incredibile. Al punto che ho deciso: farò un tatuaggio in onore di questi angeli siciliani. E pensare che sono partito da Bergamo senza nemmeno una borsa, senza neanche il mio cellulare. Quando gli infermieri mi hanno prestato il loro telefono per fare una videochiamata ai miei figli e a mia moglie, ho toccato il cielo con un dito». La famiglia, a Bergamo. Ettore, a Palermo. «Sì, eravamo distanti ma sono loro che mi hanno tenuto in vita. Devo portare all’altare mia figlia Paola, che si sposa a settembre. E devo fare da padrino alla mia nipotina più piccola Bianca, che ha solo cinque mesi. Loro, mi han dato la forza. E mia moglie Adelina: a fine febbraio eravamo tornati da un viaggio in Madagascar, regalo dei nostri figli per il 40o anniversario di nozze».

A prendersi cura di Consonni, al Civico di Palermo, oltre a quella schiera di infermieri che ieri lo ha applaudito al momento delle dimissioni, anche il primario del reparto di Malattie infettive Francesco Di Lorenzo: «Quando Consonni è arrivato in Sicilia era intubato, in coma farmacologico. Lo abbiamo curato con antivirali e antimalarico, ed è rimasto in Terapia intensiva per 25 giorni. Non è il solo bergamasco ricoverato da noi: attualmente ce n’è un altro, e prima di loro ce n’era stato un terzo. Il nostro ospedale non ha sofferto come i vostri, e c’è venuto naturale aiutare le altre regioni accogliendo pazienti di altri angoli d’Italia. Non guardiamo di certo la residenza di chi entra nella nostra struttura: siamo medici, il nostro mestiere è e sarà sempre salvare vite».

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