Il «Papa Giovanni» torna alla normalità
L’ospedale dopo la guerra al coronavirus

Risale l’operatività di ambulatori e sale operatorie. Il direttore sanitario Fabio Pezzoli: «Pronti nel caso di una recrudescenza».

Percentuali che salgono, liste d’attesa che s’accorciano e spazi che, gradualmente, tornano ad accogliere pazienti «ordinari». Anche gli ospedali bergamaschi, avamposto della lotta al coronavirus, sono in piena Fase 2: quella che, passo dopo passo, porterà i presidi sanitari a riavvicinarsi alla normalità. Attenzione, riavvicinarsi: per tornare a essere operativi a pieno regime, e cioè a riprendere il 100% dell’attività ordinaria (senza traccia di assistenza covid) bisognerà aspettare almeno fino a dopo l’estate, ammesso che Regione lo conceda.

La ripresa

«Al momento le linee guida regionali prevedono che non si superi il 70% dell’attività ordinaria – spiega il direttore sanitario dell’Asst Papa Giovanni XXIII Fabio Pezzoli –. La necessità implicita nelle direttive è quella di farsi trovare pronti nel caso dovesse esserci un ritorno dell’epidemia: quel margine del 30% ci consente di essere in grado di riallestire spazi, personale e attività in tempi celeri in presenza di recrudescenze». Si diceva delle percentuali che salgono: dopo settimane trascorse a dedicarsi quasi esclusivamente al ricovero e trattamento di pazienti Covid, al Papa Giovanni le sale operatorie sono tornate al 55% della loro operatività, le attività ambulatoriali al 60% e anche i ricoveri stanno tornando lentamente alla normalità. Se si considera che - nelle settimane più dure dell’epidemia - tutte queste prestazioni erano ferme al 30% (se non addirittura completamente cancellate: è il caso delle visite ambulatoriali non urgenti), si capisce come l’ospedale stia tornando a medie falcate verso l’attività ordinaria, aumentando giorno dopo giorno la percentuale di prestazioni garantite ai pazienti non Covid. A consentirlo, è evidente, sono i numeri. Numeri che fotografano un crollo inequivocabile di accessi e ricoveri per coronavirus.

I pazienti Covid e altre attività

«Nel mese di maggio nel nostro presidio abbiamo ricoverato solo sette pazienti Covid – fa sapere Pezzoli –: messi a confronto con i picchi di 100 ricoveri giornalieri della fase clou, è chiaro come i numeri facciano ben sperare. In tutto in ospedale abbiamo attualmente 89 pazienti Covid, 20 dei quali in Terapia intensiva». Ed è proprio la presenza - seppur ridotta - di persone contagiate, in grandissima parte cittadini che hanno varcato le porte del Papa Giovanni oltre un mese fa, che non consente al presidio di prevedere a stretto giro il ritorno alla piena operatività. Ammesso che Regione Lombardia lo conceda. «Abbiamo ancora una parte di personale impegnato nella cura dei pazienti Covid: parlo di medici, infermieri e anche operatori sanitari. E questa separazione netta di personale e spazi, ancora divisi fra zone “pulite” e “sporche” a completa tutela di utenti e operatori, non ci consentirebbe in ogni caso di tornare a lavorare a pieno regime a stretto giro, nemmeno se la Lombardia ci autorizzasse.

Man mano che i pazienti Covid vengono dimessi, l’ospedale si riprende gradualmente spazi in più per l’attività ordinaria». Attività che - pure nel periodo più buio dell’epidemia, quando il Papa Giovanni s’è visto travolto da un’ondata incessante di pazienti contagiati, tanto da allestire la terapia intensiva Covid più grande al mondo, dopo quella di Wuhan - hanno fatto registrare interventi importanti. Dal 24 febbraio a oggi l’ospedale ha effettuato cinque trapianti di fegato, uno di polmone, e uno di cuore. Per non dire dei 1.056 parti portati a termine dal 22 febbraio al 4 giugno. «Urgenze e patologie tumorali sono sempre state prese in carico – spiega Pezzoli –, e aver garantito sette delicati trapianti nel momento peggiore dell’epidemia non è stata cosa da poco. Fra l’altro, anche durante il clou della diffusione del virus, non abbiamo mai smesso di essere ospedale hub di riferimento provinciale per patologie cardiovascolari e per il trauma maggiore pediatrico».

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