In Bergamasca 177 infermieri di famiglia
«Preziosi se ci sarà una seconda ondata»

L’emergenza coronavirus ha acceso i riflettori su una richiesta che, da tempo, avanza da più fronti: potenziare l’assistenza sanitaria territoriale.

Una richiesta nel frattempo diventata una cicatrice. Qualche segnale d’apertura s’intravede, però, nel decreto Rilancio: a partire dall’introduzione di una nuova figura, quella dell’infermiere di famiglia, a supporto dei pazienti covid e non solo.

Nella Bergamasca ne dovrebbero arrivare 177, secondo un rapporto di un infermiere ogni 6.000 abitanti, suppergiù: stando alle prime informazioni sembra che i nuovi infermieri verranno arruolati in qualità di lavoratori autonomi fino a fine anno e poi assunti a tempo indeterminato a partire dal 2021. «Finalmente ci siamo – dice il presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Bergamo Gianluca Solitro -. Si tratta effettivamente di una figura nuova, la cui attivazione stiamo sollecitando da tempo, da ben prima dell’emergenza coronavirus. Basti pensare che la sua introduzione era già prevista dalla legge regionale sulla riforma del sistema sociosanitario, la legge 23 del 2015: peccato che non sia mai stata applicata. Eppure di professionisti pronti e formati ce ne sono già, anche sul nostro territorio: molti colleghi hanno infatti conseguito il master in Infermieristica di famiglia». La nuova figura, a sentire l’Ordine, dovrebbe fare da punto di riferimento per le richieste del territorio: non tanto richieste di cura, però, quanto di assistenza.

«Per essere chiari: non si tratta di infermieri da chiamare ogni qual volta si abbia bisogno di una prestazione, un’iniezione per esempio. Per quel tipo di necessità si continuerà a chiamare l’Adi, l’assistenza domiciliare integrata. Si tratta, invece, di figure di governance dell’assistenza che potranno seguire i malati cronici, i pazienti dimessi dall’ospedale, e tutte le famiglie di pazienti che necessitano di formazione e istruzioni continue».

Nel concreto, secondo Solitro, gli infermieri di famiglia avrebbero potuto giocare un ruolo importante durante le settimane più dure dell’emergenza coronavirus: «Avrebbero potuto coordinare la rete di fornitura delle bombole d’ossigeno, per esempio. Le famiglie hanno riscontrato enormi difficoltà nel reperirle: ecco, l’infermiere di famiglia sarebbe stato prezioso. Così come lo sarebbe stato nell’evitare di ingolfare i pronto soccorso: con una semplice telefonata, i cittadini avrebbero potuto comunicare la saturazione all’infermiere, in grado di capire se e quando era necessario recarsi all’ospedale. Si sarebbero evitati spostamenti inutili, così come accessi impropri al pronto soccorso. Diciamo che, dovesse esserci una seconda ondata, il loro lavoro sarà importantissimo». Quanto alle novità introdotte dal decreto Rilancio, secondo il presidente Solitro i numeri a disposizione per Bergamo – 177 infermieri di famiglia per l’intero territorio orobico – non rappresentano un punto d’arrivo: «Sono chiaramente insufficienti, se pensiamo che il rapporto dovrebbe essere, così come per i medici di base, un infermiere ogni 1.500 cittadini. E non certamente uno ogni 6.000. Ma diciamo che lo consideriamo un buon punto di partenza».

Gli infermieri di famiglia dovranno collaborare con i medici di base e i pediatri: «Una collaborazione che speriamo possa rivelarsi proficua – fa sapere il presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo Guido Marinoni -. Dal nostro punto di vista riconosciamo la piena autonomia professionale della nuova figura. Quel che auspichiamo, però, è che si tratti di una figura operativa, che possa lavorare in maniera molto concreta a stretto contatto con il territorio, per dare risposte a richieste sanitarie ben specifiche. Per essere ancora più chiari, crediamo non servano infermieri impegnati in mansioni impiegatizie o in puro lavoro d’ufficio, bensì professionisti disposti a prendere in carico le esigenze dei pazienti».

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