Ipotesi zona rossa dal 24 dicembre al 3 gennaio
Nuovo vertice per decidere: si attende il Dpcm

Dopo il braccio di ferro sul nuovo Dpcm spunta una mediazione. Si guarda al calendario: 8 giorni di chiusure nei festivi e prefestivi fino al 3 gennaio. Giovedì nuovo vertice.

Un Natale e un Capodanno «rossi»: otto giorni chiusi in casa, con i propri conviventi, con spostamenti ridotti al minimo e ristoranti, bar, negozi chiusi. A una settimana dalla vigilia, è questo il nuovo sacrificio che Giuseppe Conte si prepara a chiedere agli italiani. Il premier vuole fino all’ultimo limitare al massimo le restrizioni, a quelle ritenute indispensabili per evitare che le festività diano il via alla terza ondata di contagi «a una velocità supersonica». La tensione si alza nel governo ma anche con le Regioni e con l’opposizione. Tra i ministri prevale però il fronte della fermezza: lo guidano Dario Franceschini e Francesco Boccia per il Pd, Roberto Speranza per Leu. Vorrebbero due settimane di semi-lockdown, sul modello tedesco, dal 24 dicembre al 6 gennaio. Ma Conte, sostenuto dalla linea più prudente di M5s e Iv, media: la zona rossa potrebbe scattare il 24-25-26, domenica 27, il 31 e 1 gennaio e poi nel weekend del 2-3. Festività come mai viste prima.

Giovedì 17 dicembre è previsto un altro vertice tra Conte e i capidelegazione di maggioranza sulla stretta anti-Covid di Natale. In programma anche un nuovo incontro tra Governo e regioni. Il governatore ligure Giovanni Toti avverte che «se il Governo deciderà la zona rossa per tutta Italia a Natale necessariamente ci adegueremo, però ritengo che sia un’ingiustizia, è ingiusto cambiare le regole in modo ulteriormente restrittivo anche là dove se ne potrebbe fare a meno».

Seicentottanta morti e più di 17mila contagiati solo nelle ultime 24 ore. È il dato che muove la «preoccupazione» del Cts, come ribadisce il coordinatore Agostino Miozzo: bisogna arginare i «potenziali rischi» che nascerebbero dall’incontro delle famiglie attorno a una tavola. Conte ne è consapevole, si prepara a firmare a ore un nuovo dpcm (ancora in dubbio se serva o meno accompagnarlo con un decreto legge). Il premier parla di un obiettivo di «massima resilienza»: «Le misure stanno funzionando fin qui ma ci stanno preoccupando - e hanno preoccupato anche gli esperti - quelle situazioni di assembramenti dei giorni scorsi. Faremo qualche intervento aggiuntivo», dichiara. Cosa intenda con quel «qualche» è il punto al centro della discussione del governo e con gli enti locali.

Il premier Conte si colloca sulla linea più cauta («Assenti i renziani, prende le loro parti», scherza un Dem). E in una lunga e assai tesa riunione di oltre quattro ore - che fa saltare al premier anche un impegno istituzionale - difende un quadro più da zona «arancione», con i negozi aperti e chiusure solo nei giorni festivi e prefestivi. I rigoristi tengono il punto: il rischio, dopo, è pentirsene. «È tempo di scelte rigorose di governo e Parlamento: solo regole più restrittive» potranno «salvare vite», twitta Franceschini, con il sostegno di Nicola Zingaretti. Si discute se non sia il caso di chiudere il prossimo weekend, il 19 e 20, quando non c’è ancora il divieto di spostamento tra regioni gialle e si rischia un maxi-esodo. Ma l’idea sembra sfumare, il Viminale l’ha sconsigliato: troppo forte il pericolo di fuga dalle città e tensioni, se scatterà il blocco.

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