Jessica, la sua pelle come carta velina
Nelle amicizie vera la forza di lottare

Jessica ha il fisico delicato di una farfalla e la grinta di una leonessa.

Affetta dalla nascita da epidermiolisi bollosa, una malattia rarissima che rende la sua pelle fragile come carta velina, deve tenere le dita minute avvolte in spesse fasciature che risalgono lungo le braccia fino ai gomiti. Se la osserviamo mentre prepara un dolce, però, non ci facciamo caso, perché lo sguardo si posa altrove: sugli occhi che brillano, sul suo sorriso. Suo fratello Matteo bagna i biscotti con il caffè, lei li dispone a file ordinate nella teglia. Lui prepara la crema, la versa a cucchiaiate, lei la spalma con il pennello. Si muovono intorno al tavolo della cucina come in una danza lenta e silenziosa in cui si sentono armonia e gioia. Alla fine, il tiramisù per il compleanno del papà Vittorio è buonissimo.

I bambini farfalla

Gli ingredienti segreti di questa famiglia di Scanzorosciate sono la tenacia, il coraggio e l’amore: li sostengono da sempre e in modo particolare da quando, 17 anni fa, alla nascita di Jessica, è arrivata quella terribile diagnosi. «La chiamano “malattia dei bambini farfalla” - spiega la mamma Terry Biava - perché provoca una notevole fragilità della pelle. Jessica è nata a Seriate e i medici si sono accorti subito di una strana anomalia dermatologica. Le hanno fatto una biopsia, poi gli accertamenti sono proseguiti a Milano, e dopo tre mesi è arrivato il verdetto. Per noi era tutto nuovo, all’inizio è stata dura. Ci siamo messi in contatto con Debra, l’associazione nazionale di riferimento, creata da un gruppo di genitori nel 1990, che supporta malati e famiglie e promuove la ricerca, e ci ha offerto un aiuto davvero prezioso. Ci sono diversi possibili livelli di gravità, la condizione di nostra figlia è stata considerata fin dall’inizio molto seria. Anche i suoi organi interni sono stati colpiti e questo le ha reso sempre arduo alimentarsi. Ha dovuto subire diversi interventi, ci siamo spostati fino all’ospedale Bambin Gesù di Roma, dove avevano esperienza di altri casi simili. Purtroppo, però, nessuno si è dimostrato davvero efficace, finché nel 2014 è stato possibile metterle la peg (n.d.r. gastrostomia endoscopica percutanea), questa volta all’ospedale di Bergamo. Era magrissima, allo stremo delle forze, ma da allora sta meglio, è cresciuta, ha messo su un po’ di peso. Ad anni alterni deve subire operazioni per riaprire le dita delle mani, perché la malattia provoca anche una forma di atrofia».

Le mani sempre fasciate

Ora Jessica frequenta il terzo anno del percorso formativo di operatore commerciale all’istituto della Sacra Famiglia di Comonte: «Per lei è sempre difficile conoscere persone nuove: la sua malattia provoca continue lesioni della pelle e la costringe a coprirsi con molte fasciature, perciò viene notata subito, e le dà molto fastidio sentirsi osservata con insistenza. L’inizio del percorso delle scuole superiori quindi è stato complicato, poi, però, ha trovato dei buoni amici e ora segue le lezioni con piacere, con l’aiuto di un’assistente educatrice, perché con le mani fasciate non riesce a prendere appunti e a scrivere velocemente».

Il sogno di guarire

«Per l’amore non c’è cura - scrive Leonard Cohen, poeta e cantautore - però è l’unica medicina per tutti i mali». A casa di Jessica questo principio è conosciuto e applicato costantemente, senza pause, e questo le permette di affrontare le difficoltà man mano che si presentano e di reggere il peso di terapie impegnative, che non finiscono mai.«Il mio sogno più grande è guarire» dice comunque sorridendo, senza perdersi d’animo. Grazie all’associazione Debra da qualche anno viene seguita da un centro specializzato a Milano dove periodicamente si sottopone a controlli accurati. «Fra gli effetti della sua patologia - sottolinea mamma Terry - ci sono spesso problemi inaspettati, come i dolori ai denti o agli occhi, perché anche in bocca o sotto le palpebre si formano bolle. Danni collaterali sono anemia e carenza di ferro, a causa delle quali ogni tanto le servono trasfusioni di sangue».

Una complicata routine

L’emergenza per il covid-19 ha fatto irruzione nella routine quotidiana della famiglia come una tempesta: «Ogni mattina - continua la mamma - normalmente venivano da noi due infermiere per effettuare la medicazione in assistenza domiciliare, una procedura che durava due ore: Jessica si svegliava alle 6,30, incominciava alle 6,45 per poter essere a scuola intorno alle 9,30. Con la diffusione dell’epidemia, però, non è stato possibile continuare, perché nostra figlia sarebbe stata continuamente esposta al rischio di contagio, e poi è avvenuto il lockdown. Nel frattempo mi occupo io di tutto ciò che serve, anche se il rapporto affettivo tra madre e figlia a volte rende più complicato il procedimento. D’altronde non possiamo saltare neanche un giorno per il rischio di infezioni».

Le videochiamate

La pelle di Jessica è così sottile che non si può applicare nemmeno un cerotto e basta pochissimo per ferirla, anche solo una stretta, un abbraccio. Sotto altri aspetti è una teenager come le altre e soffre di tutte queste limitazioni, a partire dalle più semplici: non può vestirsi e truccarsi come le altre ragazze.Uscire, passeggiare, dedicarsi allo shopping per lei è complicato anche in condizioni normali: «Anche per questo è molto selettiva nelle amicizie. Fortunatamente ha trovato persone che l’accettano com’è, senza giudicarla, e le vogliono bene. Prima della chiusura per coronavirus a volte le capitava di andare al centro commerciale, nei parchi e nei boschi vicini a casa. Non può camminare a lungo, ma i suoi amici lo sanno, conoscono le sue esigenze e le rispettano, senza mai obbligarla a sforzi eccessivi. In questo periodo purtroppo anche questi legami vengono mantenuti a distanza: per fortuna ci sono le videochiamate, noi lasciamo che si colleghi quanto vuole, in quei momenti la sentiamo ridere e scherzare, le fa bene».Il mondo può sembrare ostile a un’adolescente come Jessica: «Ci impegniamo moltissimo per cercare di garantirle una vita normale, ma non sempre è possibile. A volte proprio quando ci sembra che vada tutto bene subentrano nuove complicazioni». Ma non si arrendono mai, non si lasciano mai andare, e proprio grazie a questa forza contagiosa, intorno a loro nascono reti di solidarietà, iniziative, raccolte fondi, per dare una mano quando i bisogni si moltiplicano e sembra che le risorse non bastino più. «Le terapie richiedono viaggi, spostamenti, materiali, i costi si moltiplicano, così anche il sostegno degli amici permette di migliorare la vita quotidiana di nostra figlia».

La pazienza di prendersi cura di sé

Il tempo ha un significato diverso per Jessica: scandito dalle piccole conquiste, allungato dalle nuove lesioni, consumato dalle ore trascorse prendendosi cura di sé: «Per il bagno ce ne vogliono quattro, è una sfida ogni volta, perché nell’acqua la pelle diventa ancora più cedevole. Alla fine siamo entrambe esauste ma quando abbiamo rifatto le medicazioni ogni volta è un po’ come rinascere».Quando ci si sente vulnerabili e «senza pelle» come Jessica, esposti più di altri alle asprezze della realtà, è difficile fidarsi, permettere alle persone di entrare nella propria vita e perfino di trasformarla: eppure, come scrive Gabriel Garcia Marquez, «un vero amico è chi ti prende per mano e ti tocca il cuore», ed è davvero così anche per lei: «Si sente spesso messa all’indice – chiarisce Terry – e detesta le espressioni compassionevoli di cui talvolta è oggetto. I suoi amici l’aiutano a reagire, a preservare la sua voglia di vivere e di lottare, anche in momenti difficili come questo».

L’hobby di cucinare

Suo fratello Matteo, ventotto anni, è un punto di riferimento importantissimo: «Nonostante la differenza d’età sono molto legati, tra loro c’è una profonda confidenza, ogni sabato in questo periodo di quarantena si ritrovano per preparare insieme in cucina qualche manicaretto. La cucina per Jessica è una grande passione, quando è impegnata con ciotole e matterelli le si illumina lo sguardo e si vede che è felice. Avrebbe voluto frequentare la scuola alberghiera ma glielo abbiamo sconsigliato a causa dei suoi problemi di manualità. Questo resta comunque uno dei suoi hobby preferiti e continua a coltivarlo quando è libera. Il suo migliore amico Marco frequenta proprio la scuola alberghiera e spesso si diverte a realizzare piatti anche con lui. Domenica scorsa ha sfornato una bellissima cheesecake. Le piace sperimentare ricette nuove, sempre diverse, le cerca su internet e poi le segue, sempre con creatività. Guardandola sembra incredibile che riesca a raggiungere risultati così entusiasmanti». In una società in cui spesso contano solo risultati e numeri, e che fatica a prendere coscienza della propria fragilità e a darle valore, il percorso coraggioso di Jessica mostra che «tornare alla nostra vera natura - come scrive Susanna Tamaro - vuol dire rimettere al centro dei nostri giorni una forza armata di dolcezza. Vuol dire collaborare, invece di competere, saper accogliere e accudire tutto ciò che è piccolo e bisognoso di protezione».

Le estati protette in taverna

In questi giorni Gavarno Vescovado, frazione di Scanzorosciate immersa nel verde, è deserta e silenziosa, come ogni paese della nostra provincia durante questo lungo lockdown: mentre la primavera sbocciava, splendida, noi tutti abbiamo potuto solo ammirarla dalla finestra. Una condizione che forse può aiutare a comprendere più da vicino anche il punto di vista di Jessica. «Quando il clima diventa più caldo e il sole è forte - sottolinea Terry - per lei è necessario limitare il più possibile le attività all’aperto. D’estate spesso trascorre i pomeriggi in taverna con i suoi amici. Speriamo che presto possa accoglierli di nuovo. Questo periodo ci ha spinto a riscoprire ancor più di prima il valore delle relazioni, come mattoni di speranza sul sentiero della cura».

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