«L’80% dei casi riscontrati
ha una carica virale elevata»

Il virologo Broccolo: «I positivi hanno un indice alto». «Il rischio è che le terapie intensive siano sature a fine novembre».

Un mese decisivo. Nell’avanzata del virus, le trincee degli ospedali sono chiamate a resistere. Di fronte al sommarsi dei numeri, però, il rischio concreto di una tracimazione c’è. Qui si staglia l’orizzonte più critico. Perché salgono i contagi, costantemente, e così anche i ricoveri. E i casi più critici: «Continuando così, per fine novembre le terapie intensive potrebbero essersi riempite», è l’allarme di Francesco Broccolo, virologo, docente di Microbiologia all’Università Bicocca di Milano e direttore scientifico del laboratorio Cerba di Milano. Sono 1.536 le persone in rianimazione in tutta Italia a ieri: erano 264 un mese fa. In Lombardia in terapia intensiva ora ci sono 292 persone, contro le 31 del 28 settembre.

Gli ospedali

«Ben sette regioni hanno terminato il cosiddetto effetto-tampone delle terapie intensive, cioè quei posti aggiunti per affrontare l’emergenza: il che non significa che non ce ne siano altri – chiarisce Broccolo –, ma che quelle postazioni aggiunte per il Covid si sono riempite, e quindi ne serviranno altre». L’evoluzione della curva epidemiologica, dunque, s’intreccia con le evoluzioni dei provvedimenti da prendere. «È evidente che devono essere prese misure stringenti, anche se non c’è accordo su quali debbano essere le scelte – riflette il virologo –. Ritengo siano necessarie misure chirurgiche e circostanziate, lavorando in due direzioni. La prima è ridurre la pressione sui presìdi ospedalieri. Come? Rendendo più attivo il ruolo di medici di base e pediatri, sia attraverso l’utilizzo di test rapidi antigenici, che permettono una diagnosi differenziale tra influenza e Covid, e poi attivando protocolli di sorveglianza a domicilio. Ci sono certo alcuni problemi: sui test rapidi si è arrivati in ritardo; sui protocolli, non ci sono prassi univoche. Serve più chiarezza, magari creando un confronto tra medici del territorio ed esperti di malattie infettive».

Le misure

Agendo a tenaglia, occorre però ridurre le occasioni in cui il virus si può diffondere. «Serve diminuire le occasioni di esposizione al rischio per le persone più fragili e gli anziani. Se fino ai 19 anni la letalità è 0, per gli over 80 è del 30% – ricorda Broccolo –. Gli anziani li possiamo proteggere per esempio potenziando i mezzi di trasporto, evitando che ci siano ingorghi nelle fasce che solitamente queste persone utilizzano per uscire di casa, e allo stesso tempo incentivando i servizi a domicilio. È un compito che intreccia aspetti sanitari e aspetti sociali». E sulle misure prese, a partire dalle chiusure alle 18 dei locali, Broccolo offre un’altra prospettiva: «Vedo una contraddizione fortissima tra la chiusura dei ristoranti e gli assembramenti sui mezzi pubblici. Le misure messe in campo per rendere sicuri questi luoghi sono state importanti. Certo, per le persone più fragili è giusto e prudente non andare al ristorante la sera, per esempio. È discriminatoria quest’opinione? No, ha a che fare con il chiudere tutto o prendere misure ponderate: non abbiamo più scelte.».

Le scuole

«Tra l’altro – prosegue – con le classi in quarantena spesso i bambini vengano affidati ai nonni, per mancanza di altre opportunità, e in questo non fa altro che facilitare la diffusione del virus verso i più fragili. Sulla scuola, peraltro, io sarei per rivedere il sistema della quarantena: non è necessario far rimanere a casa tutti i bambini, ma isolare il positivo e consentire agli altri, negativi al test, di proseguire con le lezioni in presenza. Le scuole sono luoghi sicuri, restare a casa invece può creare nei più piccoli anche dei problemi psicologici, oltre che complicare la conciliazione tra lavoro e famiglia dei genitori i cui figli sono a casa in quarantena».

I numeri

I numeri fotografano un virus che si muove con una velocità esponenziale, anche attraverso gli asintomatici. «La carica virale è alta o altissima nell’80% dei tamponi positivi – segnala Broccolo – , è quindi possiamo dire che l’80% dei positivi è contagioso. Sono le cariche virali che vedevamo a marzo nelle Rsa, e che adesso sono “spalmate” su tutte le età, perché il virus è diffuso soprattutto tra i giovani. E se tra i giovani la malattia si può controllare, è necessario non farla diffondere riducendo l’esposizione dei più vulnerabili». La reazione è a catena: più contagi, più malati, più ricoveri, ora anche più decessi. «La malattia è rimasta la stessa, i morti stanno aumentando – specifica Broccolo–. I dati ci dicono che lo 0,5% dei positivi entra in terapia intensiva, dove l’età media sta scendendo, e il 5% dei positivi ha bisogno dell’ospedale. Di fronte ai numeri così consistenti di positivi, occorre potenziare la sorveglianza domiciliare per non intasare gli ospedali».

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