La dittatura del denaro
e la sfida di Francesco

Ormai è chiaro. Il Papa ha deciso di cogliere ogni occasione per confutare quel mantra che ci accompagna da mesi e sta rivelando tutta la sua infondatezza. Perché adesso è evidente che non «andrà-tutto-bene» e che il mondo dopo il Covid non può e non deve essere lo stesso di prima. L’ultima occasione l’ha colta ieri con una lettera inviata al gotha della finanza e dell’economia riunito a Cernobbio, cioè il principale antagonista delle tesi e delle riflessioni che Jorge Mario Bergoglio propone dall’inizio del pontificato. Pochi giorni fa era intervenuto sugli interessi del debito che i Paesi poveri continuano a pagare ai ricchi sacrificando le risorse per la sanità.

Poi aveva lanciato un appello a rispettare gli accordi sul clima presi a Parigi, che oggi quasi tutti pensano di violare, sacrificando l’ambiente sulla strada della ripresa post-Covid. Francesco non smette di pensare e di parlare in direzione ostinata e contraria. Lo sta facendo ogni mercoledì da che ha ripreso le udienze generali.

E lo farà nel testo della nuova enciclica ormai pronta che potrebbe essere pubblicata a ridosso dell’assemblea generale delle Nazioni Unite dove è assai probabile andrà in scena la rappresentazione del nuovo disordine mondiale. Il Papa punta sulla parola «fratellanza» che è esattamente il contrario di quanto stanno facendo molti esaltando le frontiere come garanzie di sicurezza anche sanitaria e organizzando economie blindate dove è irrilevante la fragilità degli altri, che possono anche soccombere.

Nella lettera a Cernobbio spiega che questa economia ha fallito e Covid-19 rischia di essere solo il colpo finale di una terribile tragedia. Ecco perché occorre un patto per cambiare le cose oggi, se siamo ancora in tempo, e soprattutto per organizzare un sistema diverso domani.

Le parole di Bergoglio sono quelle che ha ripetuto tante volte su un modello di sviluppo più sociale e umano, più creativo, dove agli idoli della finanza non sia più sacrificata la dignità dell’uomo. Ripropone la critica al cosiddetto «paradigma tecnocratico», quello per cui tutto può essere possibile, una sorta di oligarchia del non-limite, la credenza di poter risolvere tutto sempre e comunque con il potere della tecnologia e di chi ne detiene le chiavi della cassaforte. Andare e dire agli gnomi di Cernobbio che il denaro va usato per servire e non per dominare, che la ricchezza va distribuita in modo più eguale, che i consumi e la produzione oggi procedono ad un ritmo disumano è solo l’ultima sfida lanciata da Bergoglio.

Ma non è una novità. La dottrina sociale della Chiesa, dai tempi della Rerum Novarum di Leone XIII passando dalla Pacem in terris di Roncalli e dalla Populorum Progressio di Paolo VI, dallo sterminato magistero sociale di Karol Wojtyla ai puntuali ragionamenti teologici di Joseph Ratzinger fino alla Laudato Si’ di Bergoglio, ha sempre avuto nel mirino il disordine mondiale provocato dagli egoismi degli Stati e delle aziende, dalla lotta per la supremazia tecnologica di pochi a danno di molti e soprattutto da chi pensa che ci si possa salvare da soli, se si tiene saldamente in mano la scienza, la tecnologia e il potere.

Francesco pensa diversamente e spiega che ogni scelta ricade anche fisicamente su chi sta dall’altra parte del mondo. La prossima enciclica si occuperà di fratellanza, concetto che ha a che fare con la responsabilità globale di cui i modelli economici ne sono l’architettura principale. Quelli che sono stati disegnati fin qui stanno dimostrando il proprio fallimento. La pandemia ha solo accelerato il processo, ma non ne è affatto la causa. Che non tutto non sarebbe andato più bene dovevamo capirlo prima.

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