La Lombardia ritorna arancione
dopo 7 giorni in rosso per errore

La decisione dopo la rivalutazione del monitoraggio dei dati dal 4 al 10 gennaio. L’Iss: «La Regione ha chiesto rettifica». Fontana: «Nessuna irregolarità, corretti nostri dati». Domenica il passaggio in zona arancione.

Sì, l’errore c’era. Come già si temeva giovedì nei corridoi della Regione. Un pasticcio colossale che ha mandato la Lombardia in zona rossa per sette giorni: si torna in arancione da domenica 24 gennaio, con una settimana d’anticipo. L’ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza mette la parola «fine» ad una giornata convulsa e a tratti assurda, con accuse incrociate sull’asse Milano-Roma. L’accordo che non si è trovato sul piano politico (e che ha rischiato di scivolare su quello giudiziario con un ricorso al Tar del Lazio in discussione lunedì, ma a questo punto inutile) si è trovato su una riconsiderazione dei dati. Non quelli esaminati ieri dalla Cabina di regia (in un’anomala e lunghissima seduta, persino in due tranche) e che vedono la Lombardia con un Rt allo 0,82, ma del monitoraggio dal 4 al 10 gennaio e che hanno determinato l’inserimento della Lombardia in zona rossa una settimana fa.

«Rettifica? No, aggiornamento»

«I dati della sorveglianza epidemiologica forniti dalla Regione il 20 gennaio cambiano il numero di soggetti sintomatici notificati dalla stessa Regione. Pertanto, una rivalutazione del monitoraggio si rende necessaria alla luce della rettifica» scrive l’Istituto superiore della sanità che in questo modo certifica il ritorno in zona arancione. Ma da Palazzo Lombardia replicano che non c’è stata «nessuna richiesta di rettifica, ma un necessario aggiornamento di un campo del tracciato che quotidianamente viene inviato all’Iss». Un’azione «condivisa con l’istituto resasi necessaria a fronte di un’anomalia dell’algoritmo utilizzato dall’Iss per l’estrazione dei dati per il calcolo dell’Rt, segnalata dagli uffici dell’assessorato al Welfare e condivisa con Roma».

La riduzione dei casi sintomatici

Quindi colpa dell’algoritmo? Non pare pensarla così l’Istituto superiore di Sanità che rileva come «la Regione nella settimana corrente ha modificato i dati relativi a quella precedente il 22 gennaio. La modifica ha riguardato in particolare il numero di pazienti sintomatici con infezione confermata sui quali si basa il calcolo dell’Rt. Questa variazione ha comportato la modifica della stima di Rt della settimana precedente». E già che c’è, ricorda di essere «un organo tecnico scientifico che lavora con i dati inviati dalle Regioni e ripetutamente validati dalle stesse», a cercare di sottrarsi dalla bagarre politica. Vanamente. Nel dettaglio, nell’aggiornamento inviato dalla Lombardia il 20 gennaio «si constata anche una rettifica dei dati relativi alla settimana 4-10 gennaio», scrive l’Iss. In particolare «si osserva una rettifica del numero di casi in cui viene riportata una data inizio sintomi e, tra quelli con una data d’inizio sintomi, quelli per cui viene data un’indicazione di stato clinico laddove assente». In numeri: i casi in cui è indicata una data inizio sintomi (gli unici inizialmente considerati nel calcolo Rt) «scendono da 419.362 a 414.487». Quelli «con una data inizio sintomi e in cui sia segnalato uno stato sintomatico (di qualsiasi gravità) o sia assente questa informazione» scendono da «185.292 a 167.638». Aumentano invece i casi «con una data d’inizio sintomi in cui si è dichiarato uno stato asintomatico o vi sia notifica di guarigione/decesso senza indicazione di stato sintomatico precedente» e quindi esclusi dal calcolo Rt: per la precisione da 234.070 a 246,849.

A cosa porta tutta questa tempesta di numeri? «Complessivamente questi cambiamenti riducono in modo significativo il numero di casi che hanno i criteri per essere confermati come sintomatici e pertanto inclusi nel calcolo dell’Rt basato sulla data inizio dei sintomi del 30 dicembre». Ergo, se i dati fossero stati inviati già corretti, la scorsa settimana la Lombardia non sarebbe entrata in zona rossa. Perché il valore Rt calcolato sulla base di quei dati, aggiornati al 13 gennaio (quindi 48 ore prima della Cabina di regia), era 1,4. Ovvero zona rossa piena.

«Una sovrastima dell’Iss»

A portare la Lombardia in zona rossa è stata una «sovrastima dell’Rt» riferito al 30 dicembre e «calcolato dall’Iss» replicano dalla Regione. «La sovrastima sarebbe stata dovuta a una valutazione che non avrebbe tenuto conto di una novità introdotta con la circolare del ministero della Salute del 12 ottobre che ha stabilito che un paziente può essere dichiarato guarito con un solo tampone molecolare e non più due». Ma questo paradossalmente potrebbe voler dire che anche la zona rossa decretata il 6 novembre si basava su dati sovrastimati.

«Regione Lombardia ha sempre mandato dati puntuali, precisi e corretti» attacca il presidente Attilio Fontana: «Contesto nella maniera più vibrata le false notizie che girano circa presunte irregolarità nella trasmissione. I dati sono stati mandati sempre in maniera puntuale, trasparente e precisa. Io parlo di valutazione più complessiva delle situazioni che noi abbiamo voluto evidenziare, l’indice di incidenza, che è uno di quei dati concreti legati al numero dei contagiati, alle ospedalizzazioni. Evidentemente sono stati rivalutati e hanno evidenziato come probabilmente c’era qualcosa che non funzionava». Per l’assessore allo Sviluppo economico Guido Guidesi «il Governo prenda atto degli errori commessi fino ad oggi e faccia tornare subito i lombardi a lavorare». Posizione condivisa in pieno dal leader leghista Matteo Salvini che va all’attacco. Mentre colpisce il silenzio del neoassessore al Welfare Letizia Moratti. Ma così ad occhio la vicenda non finisce qui.

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