L’appello dei pediatri aspettando la scuola
«Tamponi rapidi in ambulatorio per i casi sospetti»

La richiesta alla Regione in vista della ripresa della scuola. Finazzi (Simpef): «In assenza di strumenti di diagnosi, rischiamo di dover mettere una famiglia in isolamento». Venturelli: «Evitiamo di ingolfare il sistema».

Conto alla rovescia iniziato: meno due settimane alla ripresa dell’anno scolastico. E mentre i presidi sciolgono il rebus aule e trasporti, e le famiglie cercano di capire come sopravvivere alle novità, c’è una categoria ben precisa di professionisti che si sgola. «Ci servono tamponi rapidi per stanare con tempestività i casi di coronavirus fra i bambini».

L’appello, diretto a Regione Lombardia, arriva dai pediatri bergamaschi: pediatri che, in vista della riapertura delle scuole, si sentono sprovvisti di armi sufficienti a diagnosticare a stretto giro l’infezione, nota per avere sintomi molto simili a quelli dell’influenza. Spiega Ezio Finazzi, pediatra a Villa d’Almè, segretario provinciale e regionale del sindacato dei medici pediatri di famiglia Simpef: «Senza tamponi rapidi, sappiamo già come andrà a finire. Tempo qualche settimana dalla riapertura delle scuole e avremo moltissimi bambini ammalati, anche per una semplice influenza, con sintomi molto simili a quelli del coronavirus. Non avendo noi, ad oggi, strumenti in grado di diagnosticare l’infezione da Covid, li dovremo considerare casi sospetti. E, come da protocollo, dovremo richiedere il tampone per tutti: in attesa dell’esito, però, anche i familiari, in quanto contatti di caso sospetto, dovranno mettersi in isolamento fiduciario. Un copione rodato, per carità, ma di cui non si conoscono le tempistiche. Si rischia il blocco generale».

I pediatri si appellano quindi a Regione Lombardia: se potessero disporre di tamponi rapidi da effettuare in ambulatorio sui bambini con sintomi sospetti, il risultato arriverebbe nel giro di pochi minuti e si potrebbe evitare l’isolamento di intere famiglie. I tamponi nasofaringei rapidi a cui i pediatri fanno riferimento riescono a evidenziare la presenza del virus, pur non agendo sull’Rna virale: «Sono identici a quelli che si stanno usando negli aeroporti del Lazio – fa sapere il pediatra Leo Venturelli, Garante dei diritti dell’infanzia del Comune di Bergamo – e che già si utilizzano negli Stati Uniti. Hanno una specificità altissima, del 99%, e una sensibilità un poco inferiore. È chiaro che non sono ancora perfetti, ma aiuterebbero in maniera significativa. E soprattutto eviterebbero di ingolfare tutto il sistema». Anche perchè, legato al tema della diagnosi, c’è un ulteriore nodo. Il decreto del Ministero dell’Istruzione dello scorso 3 agosto stabilisce che gli studenti assenti per malattia da più di tre giorni possano tornare sui banchi solo esibendo un certificato siglato dal pediatra «attestante l’assenza di malattie infettive o diffusive e l’idoneità al reinserimento nella comunità educativa– scolastica». «Le direttive sono in continua evoluzione – osserva Ezio Finazzi – e siamo in attesa di sederci al tavolo con Regione Lombardia per capire come procedere. Se, come stabilisce il decreto Azzolina, dovremo certificare l’assenza di una malattia infettiva per il rientro a scuola dei bambini, ci toccherà chiedere il tampone per tutti. E siamo punto e a capo: rischiamo di bloccare tutto».

Per affrontare la questione, i pediatri chiedono di istituire un tavolo tecnico in Regione. Un tavolo che rimanga attivo anche durante l’anno scolastico, per rivedere e riaggiornare costantemente le linee guida. «Una su tutti: attualmente è ancora in vigore la direttiva per cui non possiamo visitare in ambulatorio i casi di sospetto coronavirus – spiega Luigi Greco, pediatra di Bergamo e consigliere dell’Ordine dei Medici –. Una norma che aveva pieno significato quando eravamo sprovvisti di dispositivi di protezione individuale, ma che oggi non ha alcun motivo di esistere. E difatti la stiamo disattendendo tutti, e continueremo a farlo. Certo, con molta cautela. Gli accessi in ambulatorio avvengono solo su prenotazione, scaglionati, in modo che non ci sia mai più di una persona in sala d’attesa. Ma non ha senso non visitare in questo momento i bambini».

È facile inoltre prevedere che, con la ripresa dell’anno scolastico, i pediatri bergamaschi (ce ne sono 135 per circa 135 mila bambini), inizino ad essere subissati di telefonate da parte di genitori allarmati per la comparsa di sintomi influenzali nei figli: «In assenza di test, nemmeno noi possiamo escludere con certezza la possibilità che si tratti di Covid, figuriamoci i genitori – dice Greco –. Il problema si fa ancora più sentito se si considera che i bambini, specialmente quelli del nido e della scuola materna, così come gli adolescenti, sono i pazienti maggiormente colpiti da patologie respiratorie. La soluzione l’abbiamo proposta, a gran voce: dobbiamo poter disporre di tamponi rapidi».

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