L’epidemiologo su tamponi e tracciamento
«Non sono strumenti risolutivi del Covid»

L’epidemiologo Demicheli, direttore sanitario Ats Milano: «In attesa dei risultati della ricerca, l’unica è ridurre le attività».

«Quando un incendio s’innesca e viaggia velocissimo, non si riesce più a spegnerlo soffocando i focolai». L’epidemiologo Vittorio Demicheli, direttore sanitario di Ats Milano, usa la metafora del fuoco per descrivere la dinamica di diffusione del virus. Anche se non ha un temperamento da pompiere. Anzi, accende una bella miccia sostenendo che «tracciamento e tamponi non sono le soluzioni» contro il Covid. In attesa dei risultati della ricerca,infatti, «l’unica è comprendere che non si può vivere come prima». Perché i contagi si propagano come le fiamme, «con una crescita esponenziale».

Il risveglio non è stato dei migliori.

«Direi proprio di no, di solito nel weekend i dati si riducono, invece questa volta c’è stata un’esplosione che preoccupa».

A cosa è dovuta secondo lei questa impennata della curva epidemiologica?

«Anche nelle nazioni vicine, Francia e Spagna, è successa la stessa dinamica, che definirei ”a innesco”. Da una situazione in equilibrio - anche a Milano lo era, nel periodo successivo al lockdown, con meno di cento casi al giorno - si arriva tra i 2 mila-4 mila casi al giorno, e superata questa soglia c’è una crescita costante. Il fatto è che pian piano sono riprese tutte le attività (prima le vacanze, poi il lavoro e la scuola), e tutti questi movimenti sociali non ce li possiamo permettere con una infezione respiratoria acuta in circolazione».

Le vacanze sono state il punto di non ritorno?

«In questo periodo un po’ deprimente, era comprensibile il bisogno di liberazione, soprattutto tra i giovani, i più penalizzati. Ma ci siamo un po’ cullati in questa rimozione. Il virus ha approfittato della massa in movimento per rimettersi in movimento pure lui, diffondendosi così in tutta Italia».

Fino a un certo punto però il tracciamento sembrava funzionare, poi anche lei ha ammesso che è collassato.

«Il problema non è che ci sono pochi tracciatori, ma che i movimenti sono troppi, visto che siamo di fronte a una malattia virale molto contagiosa. Il punto non è il tracciamento insufficiente, ma la possibilità del contagio troppo alta».

Le misure restrittive di governo e Regione arrivano in ritardo?

«Nella convivenza con un’infezione difficile da controllare bisogna raggiungere un equilibrio: o si ferma tutto di colpo ogni tanto, ma non ce lo possiamo permettere, oppure raffreddiamo le attività non essenziali, tagliandole. In attesa che la ricerca ci consenta di fare un salto in più, bisogna rinunciare ad esempio alle attività ricreative. E togliamoci l’illusione che rincorrere il virus con il tracciamento e bonificarlo con milioni di tamponi siano le soluzioni».

Eppure a un certo punto si era pensato che i tamponi a tappeto potessero essere utili, invocando anche i test rapidi, in arrivo in Lombardia.

«Sia i tamponi rapidi sia i tamponi molecolari sono strumenti molto imperfetti per contrastare una malattia respiratoria, virale, acuta e molto contagiosa, qual è il coronavirus. Sono strumenti che ci dicono se una persona ha incontrato il virus e ne ha un po’ nelle vie respiratorie, ma non ci dicono se è contagiosa o meno, che è l’elemento fondamentale. Il tampone molecolare sbaglia una volta su dieci, il test rapido molto di più».

Quindi è un’illusione fare tamponi a tutti per trovare gli asintomatici e bloccare il contagio?

«Esatto. Se fosse così, sarebbe già successo. Non bisogna demonizzare i tamponi, ma neanche dare a questi strumenti un’importanza superiore a quella che hanno. Ci permettono una diagnosi più veloce in alcuni ambiti (come scuole e Rsa) e di mettere in sicurezza alcuni passaggi, ma lasciano passare anche persone contagiose perché non le identificano tutte. Con conseguenze paradossali: persone che, in attesa dell’esito dei tamponi, si comportano normalmente».

Si è aperta la stagione dei vaccini antinfluenzali. Il Covid non si controlla ancora, l’influenza sì?

«In realtà sono malattie molto simili ed entrambe non controllabili. Il vaccino antinfluenzale è in grado di proteggere le persone ad alto rischio, ma non è in grado di impedire la trasmissione dell’influenza. Questo banale insegnamento dovrebbe valere anche per il Covid. Le malattie acute respiratorie virali non le controlla nessuno: non siamo mai riusciti a controllare l’influenza e con lo stesso stile non si riuscirà a controllare il Covid. Il vaccino antinfluenzale, quest’anno, come gli altri anni, è necessario per ridurre le complicanze dell’influenza e per ridurre le possibili implicanze della coinfezione».

Siamo quindi lontani dall’immunità, anche in alcune zone come la Bergamasca?

«Non si riesce ancora a spiegare bene come alcune delle zone più colpite nella prima fase siano per ora più risparmiate dalla seconda ondata. Ma fa ben sperare che nella popolazione ci sia una soglia di protezione più alta».

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