L’ultimo saluto al giornalista Vitali
Mercoledì l’omaggio nella sua Ciserano

«Roberto Vitali ha sempre vissuto desideroso di vivere e vivere bene, secondo i principi della convivenza civile e pacifica»: il parroco di Colognola ricorda il giornalista scomparso.

«Roberto Vitali ha sempre vissuto desideroso di vivere e vivere bene, secondo i principi della convivenza civile e pacifica». Così il parroco, don Francesco Poli, ha ricordato il collega de «L’Eco di Bergamo» e giornalista giornalista Roberto Vitali durante la cerimonia funebre nella mattinata di sabato 21 novembre alla parrocchia di Colognola.

Il sindaco di Ciserano, Caterina Vitali, insieme al parroco don Sergio Morandi, ricordano il concittadino Roberto, ciseranese di nascita, come un illustre giornalista. «Non potendo prendere parte alle esequie che si svolgono fuori dai confini comunali, l’amministrazione di Ciserano ha reputato di creare un momento solenne di commiato aperto alla popolazione presso il camposanto. La cerimonia si svolgerà mercoledì 25 novembre alle 11 nel rispetto delle norme sul distanziamento» ricordano.

Proseguono gli attestati di affetto e stima sia dal mondo istituzionale che da quello associativo. «L’Eco di Bergamo» lo ricorda con le parole di Amanzio Possenti. «Due aspetti mi colpirono favorevolmente quando Roberto Vitali mi si presentò, agli inizi degli anni ’70, nell’ufficio Provincia de L’Eco di Bergamo, subito dopo la laurea, per «fare il corrispondente» dalla nativa Ciserano: il senso vivo del mettersi al servizio della scrittura giornalistica («so che non devo né scrivere un tema, né insegnare all’uso della grammatica come a scuola») e la gioia malcelata del «firmare» qualcosa di suo che altri leggessero. Sono le tipicità che hanno caratterizzato la sua lunga esperienza professionale («quando scrivo su argomenti gastronomici, la mia stella polare è la facilità e abbordabilità di linguaggio e il desiderio di farmi capire, fuori dagli schemi del professore») ed anche la duttilità multiforme di passare dal ruolo di giornalista, a contatto prevalente con la realtà della ristorazione e della viticoltura, a quello del professionista della cronaca quotidiana, fra amministrazioni, problemi e curiosità informative varie.

Ecco perché, negli spazi de L’Eco di Bergamo, grazie soprattutto a mio fratello Renato, allora capocronista, divenne la «pedina» di innumerevoli servizi di cronaca cittadina ed anche economica e culturale; e, per la Provincia, autore di inchieste su fatti emergenti, lui corrispondente di razza, con la scrittura idonea e curata, in linea con le premesse con le quali si era fatto avanti proponendosi giornalista.E meritando gli elogi – non sempre facilmente elargibili – del direttore Andrea Spada: «È un “pezzo” forte del nostro giornale e poi mi piace come persona, semplice, modesta e limpida», come ha ripetuto più volte a Renato – che prediligeva utilizzarlo nelle cronache più delicate – e al sottoscritto, dopo alcuni servizi fra i più stimolanti nell’attenzione del lettore. Con il quale ultimo aveva stabilito un rapporto vivo: ricordo a questo proposito, in manifestazioni di cucina a Zingonia, a Romano, a Treviglio, a Bergamo, a Clusone, a Parre, con quanta cordialità fosse accolto dai partecipanti agli eventi di cucina, lieti del suo dialogare competente ed amichevole.

Con il passare degli anni, Roberto è diventato un protagonista, ammirato ed apprezzato, non solo in terra bergamasca, bensì ovunque il suo essere «dentro» la vita del mondo a tavola lo portasse a diventarne segno di attenzione speciale ed anche di giusti riconoscimenti. Ma dalla cronaca non sfuggiva, anzi se ne inorgogliva quando avvertiva che di lui, a L’Eco, sì aveva grande fiducia. E così il suo sentirsi parte integrante e riconosciuta del giornale ne faceva sistematicamente un «propagandista» generoso, portatore di un modo, né generico né astruso, di fare giornalismo responsabile, tra rispetto del lettore e dedizione alla causa di un’informazione mai gridata.

Ci mancheranno di Roberto lo stile pacato, la perseveranza nel lavoro (anche dopo il lutto per la morte della amatissima moglie Angelica, sua valida collaboratrice, e dopo le sofferenze, nascoste, per problemi di salute), la qualità e la sincerità dell’amicizia come senso del rapporto umano e la sensibilità del sapersi immaginare costantemente rivolto sia a «quel che farò domani per gli altri» sia «al come intendo farlo».

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