Rsa risparmiate dalla seconda ondata
I test escludono la presenza del virus

Nessun focolaio attualmente nelle case di riposo. Maffeis e Manzoni: «Quadro confortante».

«Nelle case di riposo della provincia di Bergamo non c’è stata la seconda ondata: tutti i test rapidi finora effettuati hanno escluso la presenza all’interno delle nostre strutture di focolai di Covid-19». A parlare è Cesare Maffeis, presidente dell’Associazione case di riposo bergamasche, che riunisce una trentina di Rsa bergamasche di impostazione laica, facendo tirare un sospiro di sollievo a tutti i familiari che da mesi non riescono a vedere di persona né ad abbracciare i propri anziani. «I risultati sono tutti confortanti anche nelle nostre residenze sanitarie assistenziali – aggiunge Barbara Manzoni, presidente dell’Associazione San Giuseppe, l’ente a cui fanno invece capo un’altra trentina di realtà di ispirazione cattolica – abbiamo iniziato a effettuare i test una decina di giorni fa e la situazione è sotto controllo».

Un quadro completamente diverso rispetto a quello di fine inverno e inizio primavera quando, nel sistema costituito da 65 strutture e 6.196 posti letto accreditati in Regione Lombardia, il coronavirus aveva falcidiato gli ospiti. Secondo i dati ufficiali diffusi da Ats Bergamo, nel primo semestre del 2020 sono morti 2.255 anziani (di cui oltre la metà, per la precisione 1.229, avevano più di 88 anni) ospiti di Rsa orobiche; dal 1° gennaio al 30 giugno del 2019 invece i decessi registrati erano stati 992. L’aumento è stato dunque del 127% ed è imputabile al Covid-19. Impressionante in particolare il dato relativo al solo mese marzo, quando nelle residenze sanitarie assistenziali orobiche sono morte 1.304 persone, mentre a marzo del 2019 erano state 163, con un incremento del 702%. Ad aprile 2020 si sono registrate 389 vittime contro le 140 dello stesso mese dell’anno precedente. In seguito, passato lo tsunami Sars-CoV-2, i dati sono tornati ad allinearsi con quelli passati: 125 vittime a maggio contro le 122 del maggio 2019; 92 morti a giugno scorso contro le 154 del giugno 2019.

Ed ora? Benché dopo il report diffuso a settembre l’Ats di Bergamo non abbia più fornito statistiche ufficiali, l’impressione che si ricava dalle comunicazioni diffuse dalle singole case di riposo relative all’esito dei test rapidi a cui sono stati sottoposti sia gli anziani ospiti sia i lavoratori è decisamente rassicurante.

I dati attuali

Nessun caso positivo alla Rsa «Anni sereni» di Treviglio, che accoglie attualmente 154 ospiti, nessun positivo neanche fra i 93 anziani della «Martino Zanchi» di Alzano Lombardo e nessun positivo al «Pensionato Contessi Sangalli» di Costa Volpino dove sono presenti 62 anziani, nessuno alle Rsa di Cologno e Seriate.

A questi risultati puntuali si aggiunge la considerazione generale di Cesare Maffeis, presidente dell’Associazione Case di riposo bergamasche: pur non potendo contare su un quadro dettagliato e completo, «l’impressione che abbiamo da confronto quotidiano con le nostre Rsa – spiega Maffeis – è estremamente confortante. Non ci risultano casi di positività al Sars-CoV-2 né tantomeno sono presenti focolai all’interno delle strutture. Certamente i test rapidi non raggiungono il totale di completa accuratezza e precisione dei tamponi molecolari nasofaringei, ma i risultati ottenuti dallo screening fanno ben sperare per l’avanzare dell’inverno».

Test dal 16 novembre

I test antigenici rapidi sono stati forniti dal commissario straordinario per l’emergenza Arcuri e sono stati distribuiti dall’Ats Bergamo a partire da lunedì 16 novembre: ogni casa di riposo ha mandato un proprio rappresentante per ritirare gli scatoloni nel magazzino dell’azienda di tutela della salute in Borgo Palazzo a Bergamo. «Li abbiamo attesi per mesi e mesi – sottolinea Gianluigi Conti, presidente della Fondazione Beppina e Filippo Martinoli Onlus, a cui fa capo la Casa della Serenità di Lovere – e ci siamo dovuti muovere in autonomia comprandoli con fondi nostri. Ora speriamo che ci sia continuità nell’approvvigionamento di questi strumenti di screening».

L’indicazione di Regione Lombardia è chiara: il test del tampone rapido deve essere effettuato ogni 15 giorni per i dipendenti e ogni 30 giorni per gli ospiti. La ragione di questa differenza è evidente: gli operatori sociosanitari, gli educatori, i cuochi e il personale amministrativo sono l’unico possibile veicolo di un nuovo contagio, perché i contatti fra gli anziani e il mondo esterno sono di fatto azzerati. Da inizio marzo i colloqui con parenti avvengono esclusivamente con videochiamate; in estate c’era stata la possibilità di organizzare gli incontri, ma solo dietro a un vetro o a un pannello di plexiglass, poi da ottobre sono tornati limiti più stringenti. Se tutto questo ha portato a un netto miglioramento delle condizioni di sicurezza sotto il profilo sanitario, ci sono anche degli effetti collaterali pesanti in termini di benessere generale. Le organizzazioni sindacali nei giorni scorsi sono tornate a chiedere che anche in Lombardia si introducano modalità protette, come la «stanza degli abbracci» per consentire ai nonni di tornare ad abbracciare, fisicamente, figli e nipoti.

C’è un altro fronte da tenere monitorato, quello delle vaccinazioni antinfluenzali. «Da un paio di settimane – sottolinea Barbara Manzoni – all’interno delle strutture è finalmente iniziata la campagna vaccinale, in ritardo di oltre un mese rispetto al solito. L’antinfluenzale si è accavallata con l’esecuzione dei primi test rapidi contro il coronavirus, ma ora finalmente, anche se siamo a fine novembre, possiamo dire di essere a buon punto».

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