No alle Messe coi fedeli
Si lavora a una modifica

Dal governo previste novità in settimana, che terranno conto delle indicazioni della Cei. Critiche anche da evangelici e protestanti.

Non solo la Chiesa cattolica, rappresentata in prima istanza dalla Cei, ma anche da innumerevoli gruppi, associazioni, singoli esponenti e parlamentari: la protesta sulla libertà di culto che verrebbe violata dal Dpcm per la «Fase 2» si allarga ad altre religioni. Intanto, dopo lo stop alle Messe con i fedeli ribadito dal decreto Conte, che domenica sera ha immediatamente provocato la reazione negativa dell’episcopato, nel governo si lavora per trovare una soluzione, che porti ad una riapertura.

Le ipotesi in campo

Sono infatti previste a breve, in settimana, delle modifiche al Dpcm sulla questione delle Messe, che terranno conto delle indicazioni della Cei. Quali siano queste modifiche è presto per dirlo, ma tra le ipotesi circolate quella sulle Messe feriali liberalizzate in virtù dello scarso afflusso di fedeli, e regole più stringenti, ma comunque riapertura anche se con tutte le restrizioni, per quelle domenicali.

Lunedì a fianco della Conferenza episcopale si sono schierati anche i rappresentanti di altre confessioni: come gli evangelici, che tramite la Commissione per i rapporti con lo Stato (Ccers) hanno invocato il diritto alla libertà di culto anche per i protestanti e le altre minoranze religiose. O i musulmani, che per voce della Coreis hanno criticato l’«insensibilità» del governo «nei confronti di tutti i credenti, di qualsiasi fede». Più variegata la posizione degli ebrei italiani, che con la presidente dell’Ucei Noemi Di Segni assicurano che «le loro rappresentanze istituzionali si atterranno scrupolosamente a quanto previsto con grande realismo e senso di responsabilità, nel decreto» Conte, mentre il rabbino di Roma Riccardo Di Segni ha avvertito che «l’esecutivo non dovrebbe trascurare le esigenze spirituali delle collettività religiose, ciascuna con le sue specificità».

Ma è soprattutto dal fronte cattolico che è venuto un fuoco di fila di prese di posizione a sostegno delle barricate alzate dai vescovi per la ripresa, con le giuste misure di contenimento anti-contagio, della celebrazione dell’eucaristia, oltre che - come già previsto dal Dpcm - dei funerali con i soli parenti stretti. Per l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, quella del governo è «una proposta sconcertante», ha detto, ed «è terminato il tempo del digiuno». Circa 40 associazioni cattoliche hanno promesso di impugnare il decreto, ritenuto «arbitrario» e «ingiusto». Il Centro Livatino ha promesso ricorso al Tar.

Emendamento alla Camera

A fianco della Cei, in nome della libertà religiosa che rischia di essere violata, un gran numero di gruppi e movimenti, mentre i favorevoli alla ripresa delle Messe si fanno sempre più decisi anche a livello politico, non solo dall’opposizione, ma anche dalla file della maggioranza, tant’è vero che il Pd presenterà giovedì in aula alla Camera un emendamento che avvia il percorso normativo per la celebrazione delle Messe domenicali e dei riti delle altre religioni, dice Stefano Ceccanti, costituzionalista. Per lo stesso ministro Paola De Micheli, «una soluzione si troverà quanto prima». E che nel governo ci fossero posizioni in favore della riapertura delle Messe lo dimostra anche l’interlocuzione che nei giorni scorsi la Cei aveva avuto con la titolare dell’Interno, Luciana Lamorgese, in cui erano state concordate anche le misure di contenimento anti-contagio per poter riprendere le celebrazioni. Poi tutto, almeno per il momento, andato in fumo, per il no del Comitato tecnico-scientifico.

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