«Polmoniti Covid-19 già a gennaio?
Da radiografie e Tac nessuna allerta»

Ats ha analizzato le richieste di esami specialistici e degli accessi ai pronto soccorso in tutta la provincia. Il direttore del Servizio epidemiologico: «In caso di coronavirus a inizio anno l’epidemia sarebbe partita prima».

Nessuno, nemmeno Ats, può escludere che ci fossero casi di Covid-19 a gennaio. Una certezza però c’è: fino a febbraio in tutta la provincia di Bergamo non c’è stata nessuna avvisaglia che potesse far presagire l’arrivo di un virus così devastante. È questa la tesi dello studio realizzato dal servizio di Epidemiologia e dal servizio farmaceutico di Ats Bergamo che hanno analizzato indicatori come l’andamento degli accessi nei pronto soccorso di tutti gli ospedali bergamaschi, le richieste di radiografie e tac al torace, il consumo di antibiotici.

Una ricerca che arriva in seguito al caso delle centodieci polmoniti da «Agente non riconosciuto» individuate all’ospedale di Alzano Lombardo da novembre a gennaio. Nonostante la crescita rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e le tante testimonianze dei medici di famiglia che parlano di polmoniti «anomale», secondo Ats l’andamento dei ricoveri in Val Seriana sarebbe comunque riconducibile alla classica «stagionalità».

Alberto Zucchi, Giuseppe Sampietro, Roberta Ciampichini, Elvira Beato, Arrigo Paciello, Samanta Sonzogni, autori dello studio, sono giunti alla stessa conclusione anche analizzando tutti i dati degli ospedali bergamaschi: «Tutte le valutazioni effettuate sui flussi permettono di affermare come i dati a livello provinciale tendano ad escludere evidenze di una rilevabile presenza precoce del Covid-19 nella Bergamasca tra fine 2019 e inizio 2020».

Ma quali sono questi flussi? In primis le radiografie al torace. In caso di patologie legate all’apparato respiratorio la richiesta di esami dovrebbe essere evidente. Non è stato così. Tra dicembre e gennaio del 2019 sono state eseguite 19.472 radiografie toraciche, mentre quest’anno nello stesso periodo 19.322. «La quantità appare, nei mesi complessivamente analizzati, nell’ambito di una media statistica attesa».

Lo stesso vale per le Tac al torace. Nel mese di dicembre 2018 le Tac sono state 2.088, mentre nel bimestre gennaio-febbraio 2019 sono arrivate a 5.186. Lo scorso dicembre le Tac sono state 2.366, mentre nel bimestre gennaio-febbraio 2020 sono state 5.333. Una crescita minima. Solo a marzo sono salite a 3.171 in un solo mese.

Anche gli accessi ai pronto soccorso di tutti gli ospedali bergamaschi non potevano far sospettare nulla. «In particolare, si riscontra una riduzione del 6% a gennaio 2020 rispetto a gennaio 2019 (1.641 accessi rispetto a 1.744 accessi) e una riduzione del 15% a febbraio 2020 rispetto a febbraio 2019 (1.759 accessi rispetto a 2.063 accessi). Tale riduzione nel mese di febbraio è in buona parte determinata dall’inizio conclamato dell’epidemia da Covid-19 nell’ultima settimana del mese, che ha determinato l’avvio dei ricoveri urgenti senza il passaggio dal pronto soccorso».

L’allerta non è arrivata nemmeno dai medici di famiglia. Né attraverso segnalazioni dirette da parte dei medici «sentinella», né dalla prescrizione generalizzata di antibiotici specifici. Ats infatti non rileva «incrementi significativi rispetto agli anni precedenti. Nel caso delle penicilline si registra nel mese di gennaio 2020 una diminuzione del 3,23% rispetto al gennaio 2019 e del 17,22% rispetto al 2018».

Alberto Zucchi, direttore del servizio epidemiologico di Ats Bergamo, spiega che «non c’è stata un’avvisaglia del fatto che ci potesse essere il coronavirus a dicembre o a gennaio. Sia chiaro: in epidemiologia non possiamo avere la certezza matematica». Certo è che con persone ammalate di Covid-19 già a dicembre o gennaio la catena dei contagi sarebbe partita immediatamente. «Ci sono studi che indicano possibili casi già a gennaio, anche in provincia di Bergamo. Può anche essere. Se però avessimo avuto centinaia di ricoveri per polmoniti da coronavirus l’epidemia sarebbe partita molto prima, non all’inizio di marzo».

Secondo Zucchi tutti gli indicatori presi in esame dal loro studio sono una prova solida. «Radiografie e Tac, accessi al pronto soccorso e antibiotici sono nella media attesa. Con tre indizi abbiamo una prova».

L’analisi di questi dati è fondamentale per accendere campanelli di allarme in vista della stagione autunnale. In quella che gli esperti chiamano «seconda ondata» il ruolo del servizio epidemiologico sarà molto importante. Ma per avere dati «puliti» sarà indispensabile distinguere gli eventuali casi Covid-19 dalla normale influenza stagionale. «Per questo motivo – conclude Zucchi – speriamo che la campagna vaccinale sia massiccia. Prima di tutto perché è una malattia foriera di complicanze da non sottovalutare e in più perché ci renderà molto più facile l’identificazione di casi da vero coronavirus».

© RIPRODUZIONE RISERVATA