Riapertura delle case di riposo
«Pesa l’incognita dei tempi»

Dopo la delibera regionale, intervengono i gestori delle Residente sanitarie assistite che sottolineano l’esigenza di offrire risposte a breve.

La riapertura da parte della giunta regionale delle residenze sanitarie lombarde raccoglie commenti contrastanti tra gli operatori del settore. Tutti soddisfatti davanti al fatto che finalmente le strutture, in ginocchio per l’emergenza da Covid, possano ricominciare ad accogliere gli ospiti e rispondere così a una forte richiesta del territorio. Ma sul «come» e «quando» sarà possibile accoglierli, le perplessità non mancano. «Auspicavamo, come avvenuto, una delibera che consentisse una riapertura cauta e in sicurezza delle nostre case di riposo – osserva Barbara Manzoni, presidente dell’associazione San Giuseppe, realtà di Rsa d’ispirazione cattolica della Bergamasca (circa 3mila posti letto e oltre 1.500 operatori sanitari) – perché il rischio di contagio non si è di certo esaurito. Ci sono elementi che vanno analizzati e concordati con l’Agenzia per la tutela della salute (Ats) di Bergamo, ma speriamo di poter tornare a pieno regime quanto prima».

Gli anziani e le loro famiglie hanno vissuto l’emergenza con una difficoltà ancora più sentita. «Dobbiamo una risposta soprattutto alle tante situazioni di fragilità che in questi mesi di pandemia si sono acuite – dice Manzoni -. La riapertura dovrà avvenire il prima possibile, ma sarà fondamentale gestirla con la massima attenzione (ad esempio tutti gli esami di screening per entrare) per dare le necessarie sicurezze. La nuova delibera regionale ci consente di avere finalmente una prospettiva di lavoro più certa in termini di risposta sia al territorio (che ha bisogno della riapertura delle Rsa), sia ai tanti operatori delle nostre strutture, che rischiavano la cassa integrazione. La priorità è sempre stata la tutela della salute di tutti – spiega Manzoni –, ma la chiusura degli accessi alle Rsa decisa dalla Regione lo scorso 8 marzo si è fatta sentire (negativamente) sui nostri bilanci, non avendo percepito le rette dei posti liberi. Ora, anche se le Rsa si riempiranno gradualmente (proprio per gestire in sicurezza l’arrivo degli ospiti), si allontana il rischio di dover lasciare a casa parte del personale: questo ci conforta molto».

Via libera anche alle visite dei parenti, ma a precise condizioni. Manzoni sottolinea che «saranno consentite solo per situazioni di particolare necessità, con tutti i dispositivi di protezione, concordate e autorizzate dalla direzione sanitaria. Comprendiamo perfettamente il desiderio dei parenti, perché manca tanto la vicinanza ai propri cari: gli abbracci, le parole, i gesti d’affetto profondo, l’accompagnarli a fare una passeggiata sottobraccio. Troveremo un buon compromesso – conclude la presidente dell’associazione San Giuseppe – che consenta ai parenti di poter far visita ai loro cari, senza mettere a rischio la loro salute». Fabrizio Ondei, presidente dell’Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale (Uneba) Bergamo e consigliere nazionale, tocca, pur con spirito costruttivo, alcuni tasti ritenuti dolenti.

«La riapertura finalmente è arrivata ma non è quella che ci aspettavamo. Una delibera piovuta dall’alto (Regione ndr) che ci tocca subire – dice il presidente di Uneba Bergamo, che rappresenta un terzo degli enti della Bergamasca che erogano servizi sociosanitari e assistenziali -, perché ogni ente gestore sarà costretto a rivedere tutte le procedure. Tra quarantene ed esami vari, l’ospite potrà entrare nelle Rsa dopo un mese: tanto valeva farlo entrare subito ed eseguire la procedura all’interno, aiutando in questo modo i familiari che non riescono più a seguirlo a casa. Inoltre, nei primi 14 giorni, mettendo l’ospite in isolamento in stanze singole, potranno essere occupati solo un terzo dei posti disponibili. Se tutto va bene, la Rsa si riempie dopo un mese e mezzo. Nel nostro caso, ad esempio, avendo lasciato un nucleo intero libero, con decine di posti letto disponibili, si poteva fare entrare subito tutto il 30% dei posti disponibili, garantendo l’isolamento di una persona per stanza».

Ondei conferma che il mondo delle residenze sanitarie è in ginocchio. «Siamo partiti quasi tutti con la cassa integrazione – spiega il consigliere nazionale di Uneba -, ma stiamo comunque compiendo il massimo sforzo per andare il più possibile incontro al territorio e alle famiglie, per capire come sta vivendo il nostro futuro ospite e accoglierlo nel miglior modo possibile. Se ci fosse stata una vera concertazione, avremmo trovato soluzioni migliori per tutti».

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