Risiko aeroporti, Sea vuole Sacbo
Ma Bergamo frena: «Non è in vendita»

Gori: «La società non è in vendita». Da Milano gli fa eco Sala: «Mai stata sul tavolo l’acquisizione». Ma i contatti tra le parti vanno avanti da tempo. Per il dopo Bruni tre ipotesi sul tavolo: Galizzi, Messi e Sanga.

«Sacbo non è in vendita. Un altro paio di maniche è ragionare su un’integrazione». Il sindaco Giorgio Gori prova a gettare acqua sul fuoco delle polemiche divampate dopo che Il Sole 24 Ore ha dato notizia dell’intenzione di Sea di acquisire Sacbo, società che gestisce l’aeroporto di Orio al Serio. Sea, che ha nel suo portafoglio gli scali di Malpensa e Linate, detiene già il 30,98% di Sacbo.

La maggioranza di Sea è in capo al Comune di Milano, ma un ruolo sempre più importante lo sta assumendo il fondo d’investimento F2i che detiene il 45%. E proprio da Palazzo Marino arriva un’ulteriore smentita via Twitter, quella del sindaco Beppe Sala: «Non c’è mai stata sul tavolo un’acquisizione di Sacbo da parte di Sea».

Advisor al lavoro da tempo

Tutto tranquillo, quindi? Proprio no, assolutamente no. Non è un mistero che ci siano diversi contatti (e probabilmente qualcosa di molto più avanzato) in corso tra Bergamo e Milano. Lo stesso ad di Sea, Armando Brunini, non più tardi dello scorso aprile aveva rilevato come «il tema di un’eventuale fusione con Sacbo possa avere senso». Evidenziando però che «è materia degli azionisti».

Ecco, sul fronte bergamasco, le notizie da Milano qualche mal di pancia l’hanno comunque creato, anche se le dichiarazioni sono di quelle misurate e di prammatica. «Non ne so nulla: se è vero dipende a che condizioni si va» commenta il presidente della Provincia, Gianfranco Gafforelli. «Non ne so assolutamente nulla» gli fa eco il collega della Camera di Commercio, Paolo Malvestiti. Mentre Andrea Moltrasio, già presidente del Consiglio di sorveglianza di Ubi (socio principe tra quelli bergamaschi, con il 17,9%) e portavoce del Patto di sindacato rileva come «ci siano già delle dichiarazioni di ben due sindaci: la situazione mi pare chiarissima».

Come noto, il Patto di sindacato riunisce i soci bergamaschi che, tutti insieme, detengono più dei 2/3 di azioni Sacbo, il 69,02%. Nell’ultima riunione della scorsa settimana in effetti sarebbe emerso l’interesse (già noto) di Milano e la posizione comune sarebbe stata quella di continuare a sondare il terreno, come già avviene da diversi mesi. Gli advisor sono difatti al lavoro da tempo, su mandato delle due società, per studiare un possibile, difficile, equilibrio.

Un equilibrio molto difficile

Difficile perché Sea è molto più grande di Sacbo e il rischio di venire fagocitati è sicuramente reale. Anche con un’integrazione invece che una mera acquisizione. Anche solo cedendo a Sea quelle quote sufficienti per avere la maggioranza. Del resto fino al 2009 Milano aveva un (pericolosissimo) 49,98% di azioni Sacbo.

Il timore è che l’operazione si stia giocando esclusivamente sul piano finanziario, nel segreto delle stanze del mondo economico e bancario, tra advisor e consulenti, senza cioè tenere conto del territorio bergamasco, dove Sacbo rappresenta oltre l’8% del Pil. Tanto più in presenza del 37% di azionariato pubblico puro (più di un terzo del totale), sommando le quote di Comune, Provincia e Camera di Commercio. Un passaggio pubblico sarebbe quindi auspicabile, se non necessario. Anche perché è indubbio che, dal punto di vista meramente industriale, Sea è sicuramente il partner che offre maggiori garanzie nell’ottica di un sistema aeroportuale del Nord. Il punto è a quale prezzo.

Gli studi sull’integrazione

Il tema di un’integrazione è stato oggetto di diversi studi: il più recente è quello del 2015, preparato dall’ex rettore dell’Università di Bergamo (ora commissario straordinario Alitalia) Stefano Paleari, dopo una lettera d’intenti firmata dalle due società. Una newco dove Bergamo avrebbe avuto circa il 35% delle quote. Decisamente un passo avanti rispetto ad una prima opzione di fusione pura, dove la ripartizione Sea-Sacbo era di 80 a 20. E questi restano i rapporti di forza.

Le ipotesi sul tavolo dei consulenti ora sono diverse, dalla nascita di un soggetto terzo (soluzione non granché dissimile da quella di Paleari) ad una partnership o a forme societarie che lascino inalterata l’autonomia gestionale territoriale. Di certo l’ipotesi di un rapporto con Sea si sta facendo sempre più concreta, a differenza di quella con Venezia e Verona per una gestione comune di Montichiari. Anche se non è escluso che il tema dello scalo bresciano possa riproporsi con maggior forza nel caso di un’unione tra Bergamo e Milano.

Dal fronte del Pd arriva la presa di posizione del segretario provinciale, Davide Casati: «Apprezzo la ferma smentita di Giorgio Gori, azionista con la Provincia e la Camera di Commercio in Sacbo, di trattative in corso in merito all’acquisizione della società da parte di Sea - commenta -.La ricerca di strategia di convergenza inerenti lo sviluppo e le possibili alleanze con altre realtà operative nella gestione degli aeroporti, necessita di approfondimento e confronto e deve essere supportata da una larga condivisione delle istituzioni bergamasche nelle quali il Pd riveste ruoli importanti e decisivi grazie ad amministratori capaci che hanno a cuore il territorio bergamasco» conclude Casati.

Sacbo e il nuovo presidente

Ma dopo la scomparsa di Roberto Bruni, Sacbo deve anche affrontare la questione del nuovo presidente, quello che dovrà condurre il Cda alla sua naturale scadenza, prevista nella primavera 2020. E probabilmente oltre. Il tema potrebbe già essere oggetto della prossima seduta del Consiglio, prevista per il 24 settembre.

Le ipotesi in campo sono diverse: c’è chi propende per una soluzione interna almeno per i prossimi 8 mesi, ovvero scegliere tra gli attuali vicepresidenti, Ercole Galizzi o Yvonne Messi, con il primo che sembrerebbe il favorito, in particolare del mondo economico. Ma prende quota anche l’ingresso di un nuovo componente nel Consiglio d’amministrazione che andrebbe così a prendere il posto di Bruni: il nome più gettonato è quello dell’ex parlamentare Pd Giovanni Sanga.

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