Rsa bergamasche, allarme personale
«Mancano cinquanta infermieri»

La carenza nell’organico delle case di riposo si è acuita con l’epidemia. In molti infatti si sono dimessi per migrare negli ospedali.

L’onda lunga dell’epidemia colpisce le case di riposo. Non bastavano le conseguenze sul piano economico, con le Rsa a scontare il mancato ingresso di ospiti – e rette – nel periodo di chiusura forzata. Ora le strutture denunciano anche una significativa emorragia di personale e, in particolare, di infermieri. Proprio gli infermieri si starebbero infatti licenziando dalle case di riposo per partecipare ai bandi emessi dalle Asst per l’emergenza coronavirus, bandi che promettono assunzioni nel mondo ospedaliero.

Via dalle Rsa dunque, per migrare nelle corsie d’ospedale. Un passaggio che offre qualche vantaggio economico per gli infermieri, ma che mette in seria difficoltà la galassia di case di riposo bergamasche. «All’appello mancano almeno 50 infermieri nelle nostre Rsa, secondo una primissima stima – denuncia Barbara Manzoni, presidente dell’associazione San Giuseppe -. È un problema estremamente sentito, una questione da affrontare con grande urgenza, perchè rischiamo di non garantire i nostri standard. Sappiamo che gli infermieri migrano verso gli ospedali in virtù di una remunerazione leggermente più alta: ma le nostre case di riposo non hanno la forza economica per competere con le Asst. Soprattutto in questa fase così fragile, in cui le Rsa devono fare i conti con i mancati introiti registrati nel periodo di chiusura e l’incertezza delle risorse che verranno trasferite dalla Regione».

Una criticità che i sindacati delle case di riposo bergamasche hanno già fatto presente ad Ats Bergamo: l’Agenzia di tutela della salute lo scorso 18 agosto ha spedito una comunicazione al Pirellone segnalando «la necessità urgente di reperimento del personale infermieristico, anche attraverso la Protezione civile, da rendere disponibile nelle Rsa del territorio».

«Le strutture sociosanitarie – continua la missiva – segnalano significative difficoltà nella copertura degli standard previsti dalla normativa in quanto un numero significativo di infermieri è transitato presso le Asst in relazione ai bandi emessi, da tali enti, per la copertura di posti connessi all’emergenza Covid-19». Una denuncia che racconta di un’emorragia quotidiana: i sindacati di categoria segnalano licenziamenti all’ordine del giorno, con professionisti disposti a lasciare un contratto a tempo indeterminato nelle Rsa per contratti a tempo determinato negli ospedali. «È un trend iniziato nel pieno dell’epidemia, e che ora si è fatto ancora più evidente – osserva Fabrizio Ondei, presidente di Uneba Bergamo -. Gli infermieri sono attratti dal fatto di avere un contratto col pubblico, meglio remunerato, e dall’idea di fare un’esperienza diversa entrando nel mondo dell’ospedale. Adesso però le Rsa hanno bisogno urgente di supporto: non possiamo bloccare dall’interno l’emorragia, vigendo il libero mercato che concede la possibilità a tutti di licenziarsi e lavorare dove meglio si crede. Chiediamo però che, in estrema ratio, intervenga la Protezione civile, mandandoci personale». Cesare Maffeis, presidente dell’associazione Case di riposo bergamasche, è ancora più duro. E non usa mezzi termini: «Adesso servono regole chiare. Gli ospedali, forti di una pioggia consistente di fondi, sottraggono personale alle Rsa. Non è possibile ci facciano concorrenza, in un momento peraltro in cui le case di riposo sono estremamente provate dall’emergenza globale. È talmente seria, la questione, che ci sono strutture sociosanitarie già in crisi perchè non riescono a coprire i turni».

Dal coro dei sindacati, oltre alla preoccupazione, emerge però anche l’amarezza: il lavoro dell’infermiere assunto in una Rsa o in un ospedale «non è poi così dissimile – specifica Barbara Manzoni -. Ma nelle Rsa la relazione duratura che si crea con i pazienti fa sì che gli infermieri diventino un punto di riferimento prezioso, per gli ospiti e per le loro famiglie». Conosce bene il problema anche Gianluca Solitro, presidente dell’Ordine degli infermieri di Bergamo: «Da tempo sosteniamo che il territorio ha bisogno di un numero maggiore di infermieri. L’epidemia, e i bandi delle Asst, hanno solo amplificato una criticità ben nota, drenando ulteriori professionisti alle Rsa. La migrazione di operatori dalle case di riposo verso gli ospedali non ha solo a che fare con la remunerazione, che è solo leggermente più alta, quanto con l’appeal della struttura. Le corsie sono più allettanti, soprattutto per i neolaureati. Solo chi conosce la vera dimensione delle Rsa apprezza il ruolo altrettanto importante che svolgono gli infermieri lì. Ora, quel che speriamo, è che si intervenga a livello regionale e nazionale per aumentare i posti delle lauree infermieristiche, attualmente a numero chiuso. Solo così si favorirà l’inserimento di nuove figure».

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