Rsa: niente tamponi e vaccini in ritardo
«Non ripetiamo gli stessi errori di marzo»
Dopo essersi risvegliate dall’incubo di marzo e aprile, le case di riposo bergamasche rischiano di ripiombare nel buio del dolore, della fatica e della sofferenza. Benché al loro interno non si siano sviluppati nuovi focolai di polmonite bilaterale interstiziale, gli errori compiuti lo scorso inverno rischiano di essere ripetuti: questa volta però, se nelle stanze e nei corridoi delle Rsa orobiche arrivasse la seconda ondata di contagio da Sars-CoV-2, nessuno potrà dire che «non sapevamo a cosa si andava incontro». Perché gli errori compiuti lo scorso inverno avrebbero dovuto insegnare molto, in termini di prevenzione. E invece la sensazione, tra gli operatori, è che i mesi siano passati inutilmente, senza cioè che venissero predisposti quegli interventi che gli operatori del settore ritengono «necessari» per evitare che il coronavirus possa tornare a mietere vittime come ha fatto in primavera, quando, all’interno di alcune strutture, ha provocato un tasso di mortalità del 50%, triplicando o quadruplicando tra gli anziani ospiti il numero dei decessi rispetto allo stesso periodo del 2019.
«Non voglio arrivare a dire che siano stati mesi sprecati – esordisce Barbara Manzoni, la presidente dell’associazione San Giuseppe, l’organizzazione che fa capo alla Diocesi di Bergamo e che riunisce una trentina di residenze sanitarie assistenziali di ispirazione cattolica sparse su tutto il territorio provinciale- ma di sicuro Regione Lombardia e Ats Bergamo finora ci hanno ascoltato poco».
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