Salvato con un’operazione all’aorta
L’intervento record al «Papa Giovanni»

Mauro Forcari, 42 anni, di Tirano (Sondrio), racconta la sua storia a lieto fine dopo una pericolosissima dissezione all’aorta: «Quando sono entrato in ospedale non riuscivo più a muovere le gambe: ora cammino di nuovo, qui mi hanno salvato la vita».

Quando è entrato in ospedale non riusciva più a muovere le gambe. Poche ore dopo, il rischio era di perdere la vita a causa di una dissezione dell’aorta. Cinque mesi dopo un intervento chirurgico innovativo, Mauro Forcari, 42 anni di Tirano, in provincia di Sondrio, non solo è salvo, ma è tornato al «Papa Giovanni XXIII» sulle sue gambe. L’operazione a cui è stato sottoposto è unica in Italia poiché eseguita in emergenza: la sostituzione della valvola aortica, con reimpianto delle arterie coronarie, ricorrendo a una protesi vascolare ibrida. Protesi finora impiantata soltanto in interventi programmati e non d’urgenza come in questo caso.

«Devo ringraziare i medici dell’ospedale di Bergamo e dell’ospedale “Morelli” di Sondalo. Non solo mi hanno salvato la vita, ma mi hanno anche permesso di camminare di nuovo», dice l’uomo.

È la mattina del 2 ottobre scorso quando Mauro Forcari si sveglia, avverte un fastidio alle gambe: «Sentivo un formicolio, poi è diventato un dolore. Infine non riuscivo più a muoverle». Le condizioni dell’uomo precipitano velocemente, l’ambulanza che accorre a casa lo conduce in codice rosso all’ospedale Morelli di Sondalo. Mauro Forcari viene sottoposto agli accertamenti e la diagnosi è drammatica: dissecazione aortica con esordio in paraplegia. Riporta cioè una dissezione totale dell’aorta toracoaddominale, dal cuore fino all’addome. Gli ha causato assenza di flusso sanguigno nella metà inferiore del corpo con conseguente paraplegia e danni agli organi addominali. La mortalità, in questi casi, è del 90% se non viene curata, dal 15 al 20% in sala operatoria.

La diagnosi è di Antonio Cricco, chirurgo vascolare all’ospedale «Morelli» di Sondalo, che prende il telefono e chiama Bergamo. Telefona a un ex collega, il cardiochirurgo Samuele Bichi del «Papa Giovanni». Ha lavorato per oltre dieci anni con Giampiero Esposito, uno dei massimi esperti mondiali di questa patologia. «Fondamentale è stato l’apporto del dottor Cricco – racconta Bichi – per essere riuscito in una diagnosi così precisa e così rapida. Se si fosse perso tempo, non avremmo avuto questo risultato. In meno di due ore da quella telefonata, il paziente è stato trasportato in elicottero al “Papa Giovanni”».

Bichi, esperto di questa patologia, spiega le cause: «Una predisposizione su base genetica per cui il tessuto connettivo che compone la parete aortica è malato. Basta un evento, come un picco ipertensivo, a determinare la lacerazione». Una patologia vascolare che può manifestarsi come una dilatazione in forma cronica, ma anche in maniera acuta, con una rottura dell’aorta. Quando l’elicottero atterra a Bergamo, il cardiochirurgo si confronta con l’équipe: «L’intervento standard in emergenza che prevede la sola sostituzione del tratto iniziale dell’aorta, ma in questo caso non sarebbe stato sufficiente a salvare il paziente, sarebbe morto in Terapia intensiva».

Così si decide per la sostituzione della valvola aortica, con reimpianto delle arterie coronarie, ricorrendo a una protesi vascolare ibrida. Una pratica normalmente riservata al paziente cronico attraverso un intervento programmato e non per l’acuto. «Ciò perché richiede una grande preparazione ed esperienza, oltre che la disponibilità della protesi», spiega Bichi.

Alle 13,40 inizia l’intervento chirurgico che prosegue per sette ore: in sala operatoria come primo operatore il cardiochirurgo Samuele Bichi affiancato dai colleghi Francesco Fino e Francesco Innocente, dall’anestesista Giancarla Poli, dalla strumentista Silvia Barachetti, dall’infermiere Valeria Lombardi, dall’OSS Silvia Sibella e con il supporto dei perfusionisti Andrea Ariano e Silvia Viscardi. L’intervento riesce.

Il paziente viene trasferito nella Terapia intensiva cardiochirurgica, diretta da Luca Lorini. Resta per due settimane, per poi essere trasferito nel reparto di Cardiochirurgia. Mauro Forcari è salvo, ma è immobilizzato: «Ricordo che quando mi sono svegliato non sentivo ancora le gambe, per oltre un mese non riuscivo a muoverle. Poi gradualmente ho iniziato ad avere sensibilità. E ho capito che avrei dovuto mettercela davvero tutta. E così ho fatto», racconta il paziente.

Dopo lunghe settimane di Riabilitazione ha ripreso l’uso delle gambe. «È il risultato di un gran lavoro di squadra – afferma Bichi –, la Cardiochiurgia è così, l’apporto di ognuno è fondamentale. Dalla diagnosi precisa e veloce alla perfusione rapida degli organi». Mauro Forcari ora è tornato alla vita e camminare: «Considerato che ha rischiato la paraplegia, vederlo arrivare qui da noi sulle sue gambe è stata una grande emozione», conclude Bichi. «A nostra conoscenza – evidenzia il responsabile della Chirurgia cardiopatie acquisite del Papa Giovanni, Maurizio Merlo – questa tecnica non era mai stata applicata in un intervento in emergenza».

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