Sanguinetti: «I vaccini sono efficaci
anche se il virus è mutato»

Il presidente della Società europea di Microbiologia clinica e malattie infettive: batteremo Covid19.

Di coronavirus potenzialmente compatibili con lo spillover, con il cosiddetto salto di specie, ce ne sono moltissimi. Non è un processo che avviene da un giorno all’altro naturalmente, ci possono volere anche decenni. Il problema è che quando ce ne si accorge, quando si capisce che il salto è effettivamente avvenuto, è troppo tardi. Come ben sappiamo. A meno che non s’impari la lezione, arrivata forte e chiara da questa epidemia: dobbiamo avviare sistemi di sorveglianza clinica e diagnostica, che intercettino precocemente nuovi virus, a partire da pazienti con patologie che fatichiamo a spiegare. Si può fare? Assolutamente sì. Ci sono costi altissimi da sostenere, ma quanto ci è costato gestire questa pandemia?»

Dallo scorso maggio Maurizio Sanguinetti guida la Società europea di Microbiologia clinica e malattie infettive. Classe 1966, romano, Sanguinetti dirige il dipartimento Scienze di Laboratorio e Infettivologiche del Policlinico Gemelli di Roma, ospedale che in forze ha parecchi specialisti bergamaschi. Il suo laboratorio è una macchina da guerra: oggi processa il triplo dei tamponi di marzo. Un osservatorio pluriprivilegiato per raccontare di questa seconda ondata dell’epidemia.

Professore, nel vostro laboratorio state processando 1.300 tamponi al giorno. Le cariche virali sono meno forti di quelle della primavera?

«Assolutamente no. Anzi. Capita di dover processare tamponi con cariche ben più alte di quelle riscontrate a marzo. So che può sembrare una contraddizione, se si guarda al tasso di mortalità, oggi più contenuto: ma se il tasso si è abbassato è grazie al fatto che adesso intercettiamo i casi quasi all’istante».

Molti dei positivi di questa seconda ondata sono asintomatici. Che cosa si sa della loro carica virale?

«Si sa che sono in grado di contagiare e contribuire alla diffusione del virus: non c’è una differenza significativa infatti fra la carica di un positivo sintomatico e di un asintomatico, ragion per cui il contact tracing è fondamentale».

Mai riscontrato un caso di reinfezione?

«Sì, ma le reinfezioni sono rare, e i tamponi tornati positivi non devono ingannare. Mi spiego meglio accennando al nostro studio appena pubblicato su Jama Internal Medicine. Nel nostro ospedale abbiamo seguito 176 pazienti guariti dal Covid: a distanza di qualche settimana dalla guarigione accertata con doppio tampone negativo, 32 sono risultati nuovamente positivi. Attenzione, però: abbiamo indagato ulteriormente e di questi 32 soltanto uno è risultato positivo sia per l’Rna totale, che viene normalmente rilevato con il tampone molecolare tradizionale, sia per l’Rna replicativo, vero indicatore di replicazione virale in atto. Quindi, pur in presenza di 32 tamponi tornati positivi, possiamo dire che c’è stato un solo vero caso di reinfezione. Negli altri pensiamo si tratti di un’eliminazione di frammenti di Rna virale a seguito di risoluzione dell’infezione».

Si è parlato spesso di mutazioni: Sars-CoV-2 è mutato?

«È stata accertata un’unica mutazione specifica importante, che nelle prove in vitro sembrava rendere il virus più aggressivo. In realtà nelle sperimentazioni successive non ha mostrato maggiore virulenza. L’evoluzione dei virus, in ogni caso, è un’evoluzione lenta, non bastano pochi mesi: è probabile si andrà verso una minore aggressività, come succede tradizionalmente».

Una mutazione però c’è stata: come la mettiamo coi vaccini già in produzione?

«Questa singola mutazione non impatta in alcun modo su tutti i vaccini attualmente in sperimentazione. Non c’è necessità che vengano aggiornati. Ci sarà, probabilmente, nei prossimi anni, così come succede già oggi per il vaccino contro l’influenza. Semmai una potenziale minaccia all’efficacia dei vaccini poteva arrivare dall’ulteriore salto di specie avvenuto in Danimarca».

Cioè?

«Mi riferisco al salto di specie recentemente avvenuto dall’uomo ai visoni: i colleghi danesi avevano riscontrato un ceppo virale con un numero cospicuo di mutazioni che potenzialmente poteva rendere i vaccini attualmente in sperimentazione meno efficaci. Il Governo danese è intervenuto prontamente, e sembra che il pericolo sia stato scongiurato. In Italia ha fatto bene il Governo a sospendere l’attività degli allevamenti di visoni».

A proposito di vaccini, pare si parta a gennaio. È ottimista?

«Sì, e la cosa positiva è che con ogni probabilità ce ne sarà più d’uno a disposizione. Ora aspettiamo che l’Ema, l’autorità regolatoria europea, dia la sua approvazione: quando arriverà sarà un punto fermo. Da non mettere in discussione».

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