Storici parrucchieri di Treviglio
In un mese sono morti entrambi

Spalla a spalla per cinquant’anni e per sempre. Insieme, Luciano e Mario avevano vissuto, lavorato, condotto un’attività sino al giorno in cui (fine 2013) la serranda s’era abbassata: era giunto il momento della pensione, degna e meritata, salutata con un’ultima festa in negozio in compagnia degli amici di sempre.

Insieme, Luciano Nicoli e Mario Imeri, storici parrucchieri di Treviglio, se ne sono anche andati, stroncati entrambi dal coronavirus che, nel breve volgere di qualche settimana, ha fatto a brandelli una gran bella storia di amicizia e lavoro. Il 10 marzo Luciano è «andato avanti», l’8 aprile Mario lo ha raggiunto, aprendo uno squarcio nell’animo di chi li ha conosciuti e s’è ritrovato travolto, oltre che dall’onda emotiva, da un profluvio di ricordi: un fiume che ebbe foce in quel mitico negozio di viale Oriano, fra una spuntatina alla chioma, una bottiglia di quello buono e le immancabili battute sui rigori per la Juve.

Il mestiere imparato da ragazzi

Nicoli era dell’anno 1943 e il «mestiere» aveva iniziato a impararlo da ragazzino, garzone in una delle tante botteghe disseminate per tutta la cittadina. Anche Imeri, classe 1940, già armeggiava fra forbici e rasoi, anch’egli giovinetto alla scuola dei più noti barbieri trevigliesi.

Il loro cammino si incrociò nel 1964 e divenne sodalizio: otto anni in via Galliari, pieno centro storico, poi il trasferimento in viale Oriano, là dove la prima circonvallazione si spalanca per lasciare spazio al mercato del sabato. E dove rimasero sino alla chiusura definitiva: 28 dicembre 2013, naturalmente un sabato. «Quel giorno – ricorda l’amico Pinuccio Redaelli, che con i due ha condiviso una vita intera – facemmo una bella festa, consegnando loro due targhe in bronzo dell’artista Battista Mombrini. Era il minimo che potevamo riconoscere a due compagni capaci di attraversare insieme cinque decenni di storia trevigliese».

Della loro improvvisa scomparsa si fatica ancora a farsene una ragione. «Un dolore indicibile, vedere andar via in questo modo amici fraterni di una vita genuina: il calcio, il ciclismo che era una grande passione vissuta in prima fila e le mille serate a tavola, le gite in compagnia e tanta quotidianità assolutamente speciale».

Si parlava di pallone e biciclette

Speciale e indelebile, come il ricordo di quel negozio, di quella atmosfera autentica che nessuna poltrona da «hair stylist» potrà mai respirare. «Là, in viale Oriano, era come ci fosse una freccia invisibile», sorride malinconico Angelo Moriggi, altro compare d’avventure. «Arrivavamo tutti lì, gli amici di una vita, ma anche i personaggi più incredibili: tagliare i capelli era quasi una scusa, anzi i più entravano senza averne alcun bisogno. Era un punto di ritrovo, dove parlare di pallone e bicicletta, sfogliare i giornali accatastati sui tavolini e commentare ogni cosa fra battute e frecciatine».

Finiva che i clienti, quelli veri, quando entravano trovavano sempre pieno: «Alcuni pensavano ci fosse la fila e se ne uscivano subito; quelli che restavano in attesa del loro turno, invece, poi non avrebbero più voluto andar via».

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