Troppa tensione, super tifoso da 73 anni
muore d’infarto durante Atalanta-Psg

Sorisole, l’86enne Giancarlo Rondi trovato senza vita in giardino un’ora dopo il fischio finale. Non è mai riuscito a seguire i match seduto: a casa camminava con la radiolina, allo stadio su e giù lungo il parterre.

Non ha retto la tensione di una partita storica, giocata a vette finora impensabili per un vecchio tifoso nerazzurro come lui, transitato, sì, per la conquista della Coppa Italia del ’63 e per la serata di gala europea col Malines nell’88, ma nulla a che vedere con l’adrenalina di un sogno di semifinale Champions accarezzato fin quasi alla fine e svanito nel giro di tre minuti, gli ultimi della gara e forse della sua vita. Atalanta-Paris Saint Germain di mercoledì 12 agosto s’è rivelata fatale per Giancarlo Rondi, 86 anni, ex storico gestore del parcheggio del Pam di Bergamo: il figlio e la moglie l’hanno trovato senza vita nel cortile della sua abitazione di via Vavassori a Sorisole intorno alla mezzanotte, un’ora dopo il triplice fischio. Infarto, hanno constatato i soccorritori del 118. Dagli auricolari - come al solito fissati alle orecchie con lo scotch perché, nel subbuglio che lo possedeva durante le azioni salienti, temeva gli cadessero, col rischio di perdersi qualche gol - arrivavano ancora le voci e i suoni di Radio Alta, l’emittente a cui Giancarlo s’affidava per le cronache delle partite giocate lontano da Bergamo.

Non era questione di romanticismo, di calcio raccontato e immaginato. È che lui non riusciva a seguire una gara da fermo. «Camminando sfogo lo stress», confessava. Di là, in salotto, la tv era ancora sintonizzata su Canale 5 che aveva trasmesso in diretta l’incontro. Al televisore accorreva solo per vedere i replay delle giocate più pericolose o dei gol, per il resto era nevrotica deambulazione lungo un tragitto che prevedeva spazi indoor ed esterni. Fino a qualche anno fa, quando non s’era ancora munito di auricolari, soleva ascoltare le cronache nerazzurre piazzando sul suo cammino tre radio: una in cucina, una in taverna e una in giardino. Tifo peripatetico, che lo aveva reso personaggio anche allo stadio, durante le gare casalinghe dell’Atalanta. Giancarlo era quel signore che, avvolto in un trench modello tenente Sheridan, macinava chilometri strapazzando il selciato del parterre della tribuna centrale, su e giù nel corridoio tra i gradoni di metallo e il plexiglass che divide dal campo, seguendo l’azione e relativi ribaltamenti di fronte con un fiato e una resistenza da maratoneta, lui che a 86 anni era arrivato col fisico asciutto e integro (ha girato tranquillamente in scooter fino agli ultimi giorni).

Quando, nel 2017, il parterre aveva dovuto lasciare posto alla pitch-view, Giancarlo s’era ritrovato improvvisamente senza spazi per le sue «non competitive» da stadio. Ma al Comunale, che frequentava da 73 anni, non aveva rinunciato, passando all’abbonamento su un seggiolino di tribuna coperta, con lui che all’intervallo si sgranchiva le gambe crucciato, più che per la super Atalanta di Gasperini, per l’inedito e sgradito ruolo di tifoso immobile. La pausa gli serviva per chiamare la moglie Lucia e confrontarsi sull’andamento dell’incontro che lei seguiva su Bergamo Tv. Un rito che si ripeteva puntualmente e che era la spia di un amore che il tempo non era riuscito a diluire: perché continuava ad andare in scena a quasi 60 anni dal matrimonio e su un territorio – il calcio – di solito gelosamente recintato dai mariti.

La sera della sfida col Psg è stata la signora Lucia, non vedendolo salire in camera da letto, a preoccuparsi. «Mia madre è scesa a cercarlo, ma non l’ha trovato, così mi ha telefonato - racconta Roberto, uno dei due figli, che abita a Ponteranica -. L’ho cercato nelle vie adiacenti, ma niente. Fino a che con la pila non ho illuminato un angolo buio del giardino e ho visto i suoi piedi. Era a terra, pareva dormisse. Gli ho tastato il polso, ma era già morto. Di sicuro era vivo sull’1-0 di Pasalic perché ha urlato di gioia; una vicina l’ha sentito ed è uscita sul balcone per chiedere cosa fosse successo. E lui le aveva indicato con il dito “uno!”. Era da una settimana che si sentiva stanco e debole. Pensavamo fosse il caldo, gli avevamo consigliato di bere più acqua e prendere integratori, ma era un testone».

«La radiolina era ancora accesa. Mio padre è morto con la sua passione nelle orecchie», dice Roberto con un sorriso triste. Forse Giancarlo non ha retto alla rimonta beffa dei francesi, consumatasi tra il 91’ e il 93’. Tra le mani stringeva infatti un giornale arrotolato, a cui per scaramanzia era solito aggrapparsi quando tirava aria di sconfitta. O forse è ricorso alla sua cabala privata per tentare di arginare le ondate di Neymar e Mbappé, essendosi accorto che l’Atalanta sull’1-0 stava soffrendo. E speriamo sia così, perché in questo caso Giancarlo se ne sarebbe andato prima dell’1-2 finale, con i nerazzurri virtualmente in semifinale. Togliendo il disturbo in silenzio, nell’istante finora più alto e sublime della storia atalantina e del suo percorso di tifoso, carico di anni e di passi. n 
Stefano Serpellini

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