Uniacque, flop della video-assemblea
In tilt al voto dei 200 sindaci collegati

La piattaforma informatica va in tilt al momento del voto dei duecento sindaci sul Bilancio 2019. Dopo due ore di tentativi, il presidente Franco e il Cda decidono di rinviare la convocazione a nuova data.

A fare acqua da tutte le parti non sono i tubi, ma l’assemblea di Uniacque. Avveniristica nelle intenzioni - 200 amministratori locali collegati contemporaneamente in videoconferenza su «Gotomeeting» -, in pratica un flop. Dopo quasi cinque ore di webcam, infatti, il tutto è rimandato a data da destinarsi, perché il sistema di voto (sulla piattaforma Computershare di Torino) si impalla al primo punto all’ordine del giorno: l’approvazione del Bilancio 2019. Al secondo, il rinnovo del Cda, non si arriva neanche. Laddove la politica aveva raggiunto l’accordo, ci ha pensato la tecnologia a far saltare i piani. Anche se qualcuno - inevitabilmente - grida già al sabotaggio pilotato.

Il rinvio e i tempi

«Comunico la chiusura di questa assemblea per l’impossibilità del funzionamento tecnico del sistema», sentenzia uno sconsolato Paolo Franco, presidente uscente, verso le 21,41, dopo un pomeriggio di «stop&go», tra accessi in tilt, fuorionda non proprio ortodossi dai microfoni dimenticati accesi, sospensioni dei lavori e pareri legali. Alla fine - con i sindaci tra il disperato andante e l’infuriato, tra chi propone di tornare all’appello nominale e chi reclama di invalidare tutto, tra chi resiste e chi se ne va - si decide di non proseguire. Franco s’impegna a convocare una nuova assise nel più breve tempo possibile, nel rispetto dei termini statutari (entro otto giorni, ndr)» e a farsi carico lui stesso di cercare «una modalità che ne garantisca la validità. Nel frattempo chiedo scusa per la situazione incresciosa, anche se non avevo avallato questo sistema. Valuterò con la struttura cosa non ha funzionato e chiederò i danni al fornitore». Dai Comuni, però, arriva la richiesta di «stringere i tempi», e fissare al più presto una nuova data. Davide Casati, primo cittadino di Scanzorosciate, si fa portavoce di un problema trasversale: «I Comuni sono obbligati a chiudere il Bilancio consolidato entro il 30 novembre, che deve tener conto anche del Bilancio di Uniacque, altrimenti alcune operazioni già programmate (vedi le nuove assunzioni, ndr) saranno impossibili». Una preoccupazione condivisa dal presidente della Provincia Gianfranco Gafforelli, che invita ad accelerare e propone «di cercare di votare in presenza, garantendo il distanziamento, magari al Centro Congressi o al Teatro Creberg». «Ipotesi che il Dpcm – spiega Franco – esclude categoricamente. Approvare il Bilancio il più in fretta possibile è anche una nostra necessità, è una scadenza da rispettare nei confronti degli istituti di credito».

Il conto economico

E pensare che l’assemblea era partita bene. Con la presentazione del conto economico 2019, approvato anche dal Cisc e dal collegio sindacale. Proprio il presidente di quest’ultimo organismo, Matteo Giudici, ha fugato i dubbi insinuati nei soci dalla relazione della società esterna Kpmg: «Le criticità sulla continuità aziendale si sono risolte positivamente, col parere favorevole di Consiglio provinciale e Arera sull’aumento delle tariffe e su quello, altrettanto favorevole, di Cassa depositi e prestiti sui covenant in essere». Altro dato che dovrebbe convincere i soci della solidità dell’azienda - come fa notare anche Casati - è l’indebitamento, ridotto di 76 milioni di euro (dai 215 milioni del 2013 ai 139 milioni del 2019). I numeri rassicuranti non bastano però a placare il mal di pancia di alcuni sindaci dell’Isola per l’operazione Hidrogest (società gestionale, a cui Uniacque è subentrata nel 2019). Marzio Zirafa, sindaco leghista di Ponte San Pietro, e Mario Doneda, sindaco di Brembate, area centrodestra, annunciano voto contrario al Bilancio, proprio perché avrebbero preferito un accordo diverso. Si smarcano invece Daniele Medici (Filago) e Sergio Capoferri (Adrara San Martino), propensi a scrivere una nuova pagina per le due società. Proprio dopo le dichiarazioni di voto, però, iniziano le complicazioni. C’è chi non riesce ad accedere al link (o in alternativa al call center messo a disposizione) per esprimersi. Aumentano i mugugni (soprattutto da parte di quei sindaci outsider rispetto all’accordo Lega-Pd-Cambiamo sul nuovo Cda).

E proprio quando si arriva a 131 voti circa su circa 160-170 presenti, si alzano le voci critiche (sul sistema misto telefono-piattaforma e sul voto per interposta persona). Dopo oltre due ore di tentativi a vuoto, la decisione di rifare tutto da capo. Anche per evitare possibili ricorsi.

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