Vaccino antinfluenzale, il 2° lotto in ritardo
«Così non possiamo programmare»

I medici hanno esaurito le cento dosi antinfluenzali a testa ricevute nel primo mese di campagna. Il 16 novembre ne dovevano iniziare ad arrivare altre 400. Giupponi (Ats): «Ma ci sono problemi in dogana».

I frigoriferi sono vuoti e non si sa quando si riempiranno di nuovo. Perché il secondo lotto di vaccini antinfluenzali è in ritardo. Proprio adesso che la campagna di prevenzione doveva entrare nel vivo. «Qui rischiamo di fare la fine dei fornai della peste del Manzoni: mancava la farina per fare il pane, e la gente assaliva i forni», mette in guardia il presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo Guido Marinoni. Fuor di metafora, i pazienti fanno pressing per la profilassi sui medici di famiglia, che però hanno esaurito le cento dosi (nei casi più fortunati, perché ad alcuni ne sono arrivate anche meno) ricevute a testa nel primo mese di campagna di prevenzione, con quattro invii (due da trenta e due da venti).

«La situazione è difficile, c’è chi ormai le ha inoculate tutte e si trova col frigo vuoto, con i pazienti che ovviamente le chiedono. E fino a settimana prossima non arriverà nulla», conferma Mirko Tassinari, medico di base e segretario provinciale della Fimmg, lui stesso alle prese con lo spostamento degli appuntamenti delle sedute vaccinali già stabiliti, in attesa della nuova distribuzione. «Incredibilmente - aggiunge in una nota il direttivo provinciale dello Snami , il Sindacato nazionale autonomo dei medici italiani- ha avuto finora un andamento fallimentare: una situazione di incertezza che non ci permette di programmare». L’avvio della prossima fornitura - si parla di circa 400 dosi per ogni medico - era infatti calendarizzata a partire dal 16 novembre, ma sarà posticipata per problemi alle dogane della partita, pare arrivata dall’America.

Il punto

Il punto è stato fatto proprio ieri in una call tra Regione (che nel primo pomeriggio sosteneva «non ci sono problemi, i vaccini arriveranno secondo le date previste»), le otto Ats lombarde e i Consigli di rappresentanza dei sindaci.

«Si è parlato delle attività vaccinali e dell’organizzazione dei servizi territoriali. A Bergamo e a Monza si sono aperte sedi territoriali vaccinali in numero più rilevante rispetto ad altre province, dove l’attività si è concentrata sulle sedi Asst», riassume il direttore generale dell’Agenzia di tutela della salute di Bergamo Massimo Giupponi. Che non nega il problema: «La Regione ha confermato l’approvvigionamento, ma ha segnalato che potrebbe esserci qualche ritardo nella consegna delle forniture, prevista a partire dal 16 novembre, difficoltà legata ai controlli doganali».

Per Giupponi, però, si tratta di uno slittamento solo di qualche giorno: «Per avere qualche margine di sicurezza in più, programmeremo la campagna vaccinale massiva non più dal 16 novembre, ma dal 18». In particolare, una prima tranche di vaccini arriverà dal 18 e una seconda dal 25 novembre. «La questione – precisa Giupponi – riguarda soprattutto quei medici (262 in Bergamasca, su circa 600 totali, ndr) che vaccineranno in sedi esterne, perché non hanno ambulatori idonei. Adesso verificheremo con loro l’impatto di questo ritardo e concorderemo insieme l’avvio dell’attività vaccinale».

Tamponi rapidi

Sempre ai medici di famiglia è indirizzata la mail che Ats invierà in queste ore per sondare la disponibilità a fare i tamponi rapidi antigenici per lo screening Covid.

«L’accordo c’è, e farli rientra nei compiti del medico – precisa Marinoni –, ma servono degli ambienti idonei, ancora tutti da organizzare, per non creare promiscuità tra i pazienti. Come si fa a chiedere se si è disponibili a farli o meno se non c’è ancora un modello organizzativo?». «Il modello c’è e i medici lo conoscono – risponde Giupponi –, è simile a quello messo in piedi per le vaccinazioni. Ora sondiamo la disponibilità, lasciando ai medici la facoltà di scegliere se farli nei propri ambulatori o in strutture esterne, poi individueremo e attrezzeremo i luoghi. Entro questa settimana contiamo di avere un quadro più chiaro». Il «modello» sostenuto dai medici di medicina generale prevede l’organizzazione di «centri tampone» nei diversi ambiti territoriali, con un sistema a rotazione dei medici, su base volontaria. «In questo modo – puntualizza Tassinari –, chi non se la sente non sarà obbligato. Anche perché non è necessario che tutti i 600 medici di base bergamaschi li facciano. Basta che i tamponi rapidi vengano effettuati in ambienti sicuri e che il medico sia supportato dalla figura degli infermieri, ad esempio quelli di comunità. Col supporto giusto, la capacità aumenta di 6-7 volte, e si può raggiungere la cifra significativa di 2 mila tamponi al giorno»

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