Zona rossa, i pm credono a Conte «Attendibile sul verbale del Cts»

Secondo indiscrezioni la Procura che indaga sulla mancata «zona rossa»
riterrebbe convincente la versione del premier sul verbale del 3 marzo visto due giorni dopo.

La versione del premier Giuseppe Conte sul verbale del Cts sarebbe considerata attendibile dai pm della Procura di Bergamo. O meglio, secondo indiscrezioni filtrate dai corridoi dei palazzi di giustizia bergamaschi, non ci sarebbero elementi per fare sospettare agli inquirenti che indagano (anche) sulla mancata zona rossa a Nembro e Alzano che quanto affermato dal presidente del consiglio sulla tempistica di ricezione del fatidico verbale del 3 marzo del Cts, nel quale il comitato tecnico scientifico consigliava al governo d’istituire la zona rossa in Valle Seriana, non corrisponda a verità.

«Sono stato sentito come persona informata sui fatti, non posso riferire ciò che ho detto ai magistrati ma su alcuni giornali leggo che ho detto il falso: è una sonora sciocchezza», ha detto Conte qualche giorno fa nell’intervista a «La Piazza» in risposta a chi, in testa il leader leghista Matteo Salvini, ne invocava le dimissioni sostenendo che la versione dei due giorni di ritardo tra il varo del documento e la sua effettiva lettura da parte del premier sia una colossale bugia. «Che io abbia mentito ai pm su Alzano e Nembro è una sonora sciocchezza», aveva ribadito Conte nel corso della stessa intervista confermando la versione delle 48 ore di stand-by, quelle trascorse tra la relazione degli scienziati in data 3 marzo e l’arrivo del documento sul tavolo del premier solo il 5 marzo.

Che cosa sia successo in quei due giorni, in quale ufficio governativo sia rimasto il verbale, non sarebbe un elemento che agita l’inchiesta della Procura che ha acquisito da tempo il documento del 3 marzo del Cts e l’audizione del premier, sentito come persona informata sui fatti per tre ore a Roma il 12 giugno. Sempre a «La Piazza» Conte aveva ripercorso le tappe di quei giorni. «A noi il 5 marzo sembrava che la curva del contagio stesse scappando di mano. Il ministro Speranza in quel momento chiese ragioni di una misura sole per quei due Comuni. Ne nasce un parere del 5 sera, tardi. La notte io e Speranza predisponiamo tutto per la cintura rossa su Alzano e Nembro. La mattina dopo in Protezione civile propongo questa soluzione più radicale: perché solo Alzano e Nembro? La notte del 7 emetto un Dpcm per una zona rossa in tutta la Lombardia», è la spiegazione del presidente del consiglio.

Stando alle indiscrezioni la versione di Conte sarebbe ritenuta attendibile, credibile dagli inquirenti che starebbero ragionando anche sulla catena delle responsabilità. Perché se è vero che il governo, istituendo il 7 marzo la zona «arancione» in Lombardia in luogo della zona rossa in Valle Seriana consigliata dal Cts ha di fatto atteso e poi disatteso le indicazioni dei tecnici, è verosimile che anche la Regione e gli stessi sindaci avrebbero avuto la possibilità, con altri modi e in altri tempi, di forzare la mano per portare all’istituzione della zona rossa.

E in ogni caso l’individuazione di un eventuale quadro di rilievo penale sembra restare una questione complicata: difficile individuare precise responsabilità in carico a istituzioni e persone fisiche e ancor più sostenere «oltre ogni ragionevole dubbio» che la mancata istituzione della zona rossa possa essere una causa diretta della tragedia della Bergamasca. A distanza di parecchi mesi dall’inizio dell’inchiesta il fronte sulla mancata zona rossa sembra essere più oggetto di dialettica politica, mentre gli altri capitoli delle indagini, a partire dalla gestione del pronto soccorso dell’ospedale di Alzano, potrebbero permettere agli inquirenti di delineare con maggiore certezza fatti ed eventuali responsabilità. Per questo la Procura attende la relazione del professor Andrea Crisanti, per cominciare a dare risposte a un lungo e drammatico elenco di domande.

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