Il frosone spacca i semi col becco e resiste all’inverno. Ma oggi è in declino

Avifauna. Durante l’inverno molte specie di uccelli si devono adattare alla mancanza di risorse alimentari, per cui cercano qualsiasi spuntino offerto dall’ambiente in cui vivono. C’è una specie, presente anche nella Bergamasca, che trova il modo di arrangiarsi andando a cercare semi e granaglie inaccessibili per molti altri. È il frosone comune, Coccothraustes coccothraustes in zoologia, che ha l’abilità di rompere i semi più duri.

Durante l’inverno molte specie di uccelli si devono adattare alla mancanza di risorse alimentari, per cui cercano qualsiasi spuntino offerto dall’ambiente in cui vivono. C’è una specie, presente anche nella Bergamasca, che trova il modo di arrangiarsi andando a cercare semi e granaglie inaccessibili per molti altri. È il frosone comune, Coccothraustes coccothraustes in zoologia, che ha l’abilità di rompere i semi più duri.

Il passeriforme quasi del tutto scomparso in pianura a causa dell’urbanizzazione e dell’agricoltura meccanizzata

Il suo nome scientifico, infatti, deriva dalle parole greche kokkos (seme) e thrauo (rompere), ossia rompi-semi. È un uccello passeriforme appartenente alla famiglia dei fringillidi. Il suo aspetto è robusto e squadrato, il suo becco è una specie di schiaccianoci specializzato nel rompere il guscio dei frutti: infatti è tozzo, di forma conica, potente (raggiungendo una forza pari a 45 chili) e, durante la stagione degli amori, cambia colore, diventando blu elettrico. Il frosone è molto schivo e difficile da osservare anche nelle aree frequentate, perché tende a muoversi con molta circospezione e, al minimo rumore, si rifugia nel fitto della vegetazione. Vive solitario tra i rami degli alberi, dai quali scende al suolo rare volte per bere o per cercare granaglie. Quando scende, si muove saltellando, mentre il suo volo è rapido e rettilineo, il suo verso è uno zic metallico, ripetuto a intervalli regolari.

Nella Bergamasca diffusione limitata in territori collinari. Rompe con forza il guscio dei frutti come uno schiaccianoci

Il frosone è un uccello per lo più granivoro e si nutre di semi riuscendo ad aprire anche nòccioli molto duri come quelli delle ciliegie e dello spaccasassi (Celtis australis), tra i suoi cibi preferiti. Aggiunge alla dieta anche pinoli, frutti dell’olmo, del carpino, del sorbo degli uccellatori, faggiole. Durante i mesi primaverili si nutre anche di larve, bruchi e insetti catturati in volo, mentre nella stagione fredda si ciba dei frutti della rosa canina, del biancospino, delle ghiande di quercia e dell’arillo, il frutto del tasso. Il periodo della riproduzione inizia ad aprile per l’unica covata dell’anno. La femmina comincia a costruire il nido, a forma di coppa, con ramoscelli, licheni e piccole radici, riposto sui rami degli alberi. Una volta terminato, la femmina deporrà circa cinque uova, che saranno covate per circa 12 giorni. Successivamente entrambi i genitori sfameranno i pulcini per circa 14 giorni, dopodiché i piccoli lasceranno il nido in completa autonomia.

Una specie parzialmente sedentaria: migra se si trova in zone fredde e poi torna, altrimenti è stanziale

In Italia il frosone è una specie parzialmente sedentaria e migratrice, perché gli esemplari che risiedono nelle zone fredde si spostano solo per l’inverno verso quelle calde, poi ritornano all’origine, mentre gli esemplari che già risiedono in aree dal clima mite tendono ad essere stanziali. Per la riproduzione predilige boschi di latifoglie fino a circa 1.300 metri di quota, ma anche frutteti e aree verdi vicine ai centri abitati.

Nella Lista rossa nazionale con stato di salute sfavorevole e in declino moderato già nel 1990-2000

In provincia di Bergamo la diffusione è limitata, circoscritta ad alcuni settori del territorio collinare con habitat idonei alle sue esigenze. Dalle ricerche svolte dal Gruppo ornitologico bergamasco qualche anno fa, è risultato che il frosone frequenta i colli di Bergamo e le zone adiacenti fino al colle della Maresana. È stato segnalato anche nelle fasce pedemontane nei territori del monte Canto, di Cenate Sopra, Trescore Balneario, valle di Fonteno, nei territori della media Valle Brembana (San Pellegrino Terme, Miragolo di Zogno) e in Valle Seriana nel territorio di Ardesio. Quando frequenta la fascia altitudinale compresa tra i 250 e i 1000 metri, preferisce le zone marginali dei boschi di latifoglie costituiti da querce, carpini e castagno.

Vittima dell’uccellagione e dei prelievi abusivi di nidiacei. Subisce anche la predazione dei pulcini

La situazione più sfavorevole per il frosone è in pianura, dove la specie è quasi del tutto scomparsa a causa dell’espansione dell’urbanizzazione e dell’agricoltura meccanizzata: un declino che sta cominciando a interessare, in alcune zone, anche le aree di bassa collina. La sua vulnerabilità è dovuta a modifiche degli habitat sia boschivi sia rurali, nei quali sarebbe utile la presenza di incolti erbacei e il mantenimento di siepi, filari e alberi isolati. Gli esperti evidenziano che il frosone è una specie piuttosto elusiva e quindi difficile da monitorare. Rientra nella Lista rossa nazionale con stato di salute sfavorevole soprattutto in pianura e viene classificato, per ora, in declino moderato, iniziato già nel periodo 1990-2000.

Il fenomeno del silvestrismo: volatili selvatici canori ridotti in cattività per utilizzarli nelle gare di canto

Anche il frosone è oggetto, soprattutto in Spagna, del cosiddetto silvestrismo, l’attività di cattura di volatili selvatici canori che ha lo scopo di ridurli in cattività e di utilizzarli nelle gare di canto. Attività assolutamente vietata da una Direttiva europea fin dal 2009. In Italia, nonostante sia una specie non cacciabile secondo le normative della legge n. 157 del 1992, è tra le specie vittime dell’uccellagione e dei prelievi abusivi di nidiacei da parte di allevatori illegali. Subisce anche la predazione dei pulcini da parte dello sparviere, un rapace diurno, di scoiattoli e di martore.

© RIPRODUZIONE RISERVATA