L’upupa sta sparendo a causa di pesticidi e consumo di suolo

Negli ultimi anni sta diventando sempre più difficile osservare uno degli uccelli più appariscenti che popolano il territorio bergamasco: l’upupa, in zoologia Upupa épops. Questo uccello possiede alcune caratteristiche che lo contraddistinguono dagli altri suoi simili, a partire dal nome che deriva dal suo canto, l’onomatopea latina del verso emessa dai maschi durante il periodo riproduttivo e che suona come un cupo hup-hup-hup a tre sillabe.

Negli ultimi anni sta diventando sempre più difficile osservare uno degli uccelli più appariscenti che popolano il territorio bergamasco: l’upupa, in zoologia Upupa épops. Questo uccello possiede alcune caratteristiche che lo contraddistinguono dagli altri suoi simili, a partire dal nome che deriva dal suo canto, l’onomatopea latina del verso emessa dai maschi durante il periodo riproduttivo e che suona come un cupo hup-hup-hup a tre sillabe.

Il nome deriva dal canto, emesso dai maschi durante il periodo riproduttivo, hup-hup-hup a tre sillabe

Fino a qualche anno fa, grazie anche al monitoraggio degli uccelli nidificanti in provincia di Bergamo effettuato dal Gruppo Ornitologico Bergamasco, era possibile vederla svolazzare in ambienti aperti, asciutti e soleggiati, con presenza di siepi, rade alberature (gelsi, salici capitozzati) e coltivi (uliveti, castagneti da frutto). Si riproduceva in cavità naturali di vecchi alberi, casolari abbandonati, muretti a secco localizzati in aree boscate per lo più in pianura, lungo i corsi fluviali del Brembo, del Cherio, in zone pedemontane della Valle San Martino e collinari, in particolare sui Colli di Bergamo (Valle d’Astino e Mozzo) e in Val Calepio.

Un aspetto particolare

Ciò che rende riconoscibile l’upupa è l’aspetto particolare. Presenta un becco sottile, lungo e leggermente ricurvo verso il basso, più largo alla base, di colore bruno scuro. Il piumaggio è vistoso come una tigre, con colori vivaci osservabili soprattutto durante il volo. Si nota la presenza di bande bianche e nere sulle ali, tozze e di forma arrotondata, e sulla coda lunga e stretta, mentre il resto del corpo ha una colorazione bruno rossastra. La testa è sormontata da una cresta come quella di una regina, un ciuffo erettile di penne con punte nere ripiegate durante il volo, gli occhi sono piuttosto piccoli, di colore bruno scuro o nero, con pupilla rotonda.

L’uccello presenta la cresta di una regina, il volo sinuoso come una farfalla, il piumaggio vistoso come una tigre

Il volo segue percorsi sinusoidali con uno stile che ricorda quello delle farfalle, grazie alla forma delle ali, con la punta incurvata, battute a intervalli regolari. Tale forma consente di compiere scarti improvvisi e ripetuti anche in rapida successione, grazie ai quali risaltano il bianco e il nero delle ali, del dorso e della coda.

L’upupa, uccello migratore che nidifica in Italia arrivando dall’Africa già alla fine dell’inverno e rimane fino all’inizio di ottobre, svolge attività diurna e raggiunge il picco nelle ore pomeridiane, muovendosi al suolo alla ricerca di cibo. L’alimentazione è basata quasi esclusivamente sugli insetti, preferibilmente grilli, grillotalpe, coleotteri, larve e bruchi di varie specie, tra i quali quelli della processionaria del pino, oltre a formiche, cavallette e crisalidi. L’upupa non disdegna nemmeno lombrichi, molluschi e ragni.

Migratore, nidifica in Italia arrivando dall’Africa già alla fine dell’inverno e svolge attività diurna

In Europa centrale l’upupa è sempre più rara, tanto che in alcuni Paesi (Svizzera, Austria, Repubblica Ceca e Germania) è sulla lista rossa delle specie in pericolo (le segnalazioni di BirdLife sono già del 2004) per il degrado ecologico degli ambienti utilizzati per la riproduzione. La specie è particolarmente protetta dalla Direttiva Uccelli dell’UE n. 79/409 e dalla Legge n. 157 del 1992, è nella Lista rossa degli uccelli nidificanti in Italia e nell’All. II della Convenzione di Berna.

Specie particolarmente protetta dall’Europa, in alcuni Paesi nella lista di quelle in pericolo

Sul territorio bergamasco questa specie risente del consumo del territorio agricolo e dell’abbandono delle tradizionali pratiche agropastorali, dell’uso di pesticidi e della rimozione di siepi e filari arborei, che sono luoghi di riproduzione prediletti. Per la tutela dell’upupa è auspicabile mantenere nelle aree collinari cascine, fienili, legnaie e stalle, conservare i muretti a secco e gli alberi vetusti, oltre a mettere in pratica una gestione oculata di vigneti, uliveti e frutteti, utilizzando il meno possibile insetticidi e fitofarmaci e favorendo, invece, la lotta biologica.

sommario Nella Bergamasca soffre il cambio d’uso del territorio agricolo, insetticidi e fitofarmaci, la rimozione di siepi e filari

Malaugurio smentito da Montale

L’upupa, per l’aspetto caratteristico e riconoscibile, dal 1971 è il simbolo della Lipu e dal maggio 2008 è l’uccello nazionale di Israele. Nel corso del tempo è stata vista in modo contraddittorio. Nell’antico Egitto era considerata sacra, così che l’uccisione era proibita, ed era spesso raffigurata su tombe e templi. Nella mitologia greca e latina, invece, era ritenuta un essere non gradevole. In Europa centrale è giudicata tuttora un uccello ladro come la gazza.

L’upupa dal 1971 è il simbolo della Lipu e dal maggio 2008 è l’uccello nazionale di Israele

Mentre in Scandinavia l’avvistamento di un’upupa era associato a una guerra imminente, in diversi altri Paesi il suo canto al tramonto è avvertito come un presagio di sventura. Nel Medioevo l’upupa, come altri animali, fu vittima di superstizioni, perché si pensava che frequentasse i cimiteri e facesse il nido nelle tombe: «uccello del malaugurio», il suo verso lugubre era diventato il simbolo del male. La maldicenza è dovuta al canto che ricorda il drammatico «hip hip» urlato dalle truppe prima di una battaglia.

La maldicenza dovuta al canto: ricorda il drammatico «hip hip» urlato dalle truppe prima di una battaglia

Ugo Foscolo, proprio a causa di queste dicerie, la inserì nei «Sepolcri» considerandola, erroneamente, un animale notturno associato alla morte e all’oscurità. Altro poeti hanno visto nell’upupa uno splendido messaggero di primavera. Eugenio Montale, in «Ossi di seppia», redime il volatile, descrivendolo come «ilare uccello calunniato dai poeti».

Eugenio Montale redime il volatile, descrivendolo come «ilare uccello calunniato dai poeti»

L’upupa, protagonista di numerose leggende in diversi Paesi, rappresenta anche, come la rondine, un annuncio della primavera. Secondo la tradizione, infine, è in grado di trovare una fonte di acqua sotterranea in un deserto semplicemente sondando la sabbia con il becco.

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