Intelligenza artificiale e big data
«Così diamo la caccia ai tumori»

Il sistema messo a punto dalla Sorint.Lab di Grassobbio con il San Matteo di Pavia.

Modelli di visione artificiale e tecnologie a reti neurali si intrecciano con la medicina per diagnosticare e fermare i tumori, con la regia della Sorint.Lab di Grassobbio. Intelligenza artificiale «Made in Bergamo», applicata ad un sistema che esegue indagini diagnostiche automatiche, messo a punto in collaborazione con il Dipartimento di Medicina molecolare del San Matteo di Pavia e l’Università di Pavia, e ad un apparato di analisi delle scintigrafie ossee globali sviluppato con la Poliambulanza di Brescia.

È la divisione aziendale Sorint.Tek, una delle tre «business unit» che compongono l’azienda (le altre sono Experim, tecnologie dell’informazione, e Sorint.Sec, soluzioni di sicurezza informatica), ad aver declinato l’utilizzo delle reti neurali convoluzionali (moduli specifici per l’analisi di immagini e l’applicazione di filtri grafici) agli studi oncologici. La stessa struttura organizzativa che ha progettato il cervello elettronico basato sulla «machine learning» in collaudo all’aeroporto di Orio - presentato nelle scorse settimane - che andrà a regolare il flusso di mezzi e persone con le informazioni trasmesse dalle videocamere dello scalo.

Il sistema che impara a diagnosticare le lesioni tumorali memorizzando e rielaborando un campione di diagnosi effettuate dai patologi sarà presentato nei prossimi giorni all’ospedale San Matteo di Pavia Insieme al Laboratorio di visione artificiale del Dipartimento di Ingegneria industriale e dell’Informazione di Pavia sono state sviluppate operazioni automatiche di screening sulle immagini digitali dei test sui linfonodi sentinella (una tecnica che consente di riconoscere l’effettiva diffusione delle cellule tumorali) con l’«occhio digitale» che va a segmentare le aree di potenziale interesse.

Consegnare ai radiologi valori accurati di diagnosi (in particolare nei casi di tumore alla prostata) con tempi nettamente inferiori alle stime manuali è l’obiettivo del partenariato sottoscritto con la fondazione bresciana, con cui Sorint.Lab ha studiato l’utilizzo di strumenti che classificano le immagini delle scintigrafie e il rischio degli «hotspot» (le situazioni anomale evidenziate dall’attivazione di un colorante iniettato nel sangue) rilevati dagli esami.

Ma non si fermano alla medicina le innovazioni dell’azienda fondata a Bergamo nel 1985 e oggi presente in sei Paesi (anche Usa, Germania, Regno Unito, Spagna e Francia). Nei giorni scorsi è stato lanciato il software Agola, prodotto «open source» che velocizza e riduce gli «step» di sviluppo degli altri software, implementando la catena della «continuous integration» (l’allineamento incalzante del lavoro degli sviluppatori con l’ambiente esterno), per favorire la corretta entrata in funzione dei prodotti.

Con 760 collaboratori nel mondo (la metà operativi nella sede di Grassobbio) e 50 milioni alla voce fatturato 2018, di cui circa il 10% reinvestito in ricerca, il gruppo Sorint.Lab concilia al suo interno due anime diverse. «Da una parte contribuiamo a tenere in piedi le attività dei nostri clienti (fra cui di Sky, Intesa Sanpaolo, Ubi Banca, della Borsa di Londra, ndr) con un competence center attivo 24 ore su 24 dove lavorano oltre 130 persone - precisa il direttore generale Luca Pedrazzini -, contemporaneamente alimentiamo la rivoluzione digitale per cambiare faccia al business dei nostri clienti».

La struttura aziendale è invece frutto di un percorso di rinegoziazione dello scheletro industriale. «Dal 2017 abbiamo introdotto i Sircle interni, cento divisioni autonome sul modello delle startup - continua Pedrazzini -, di cui il centro direttivo decide solo i ruoli. Ogni dipendente può proporre di crearne uno nuovo e di sviluppare nuove iniziative di mercato».

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