Nave incastrata nel Canale di Suez
Danni anche per merci bergamasche

La navigazione nel canale di Suez è temporaneamente sospesa fino a quando il cargo Ever Given non sarà rimesso in grado di navigare. Lo annuncia l’Autorità del canale. Da questa rotta passa il 12% del commercio mondiale. Gli spedizionieri: problemi seri se il blocco perdurasse.

Ci sono ripercussioni anche per merci bergamasche dopo l’incidente nel Canale di Suez: una manovra sbagliata per il forte vento e il portacontainer panamense Ever Given, tra le più grandi navi commerciali al mondo, si è incastrato, andando ad occupare in larghezza tutto lo Stretto, bloccando di fatto da due giorni tutto il traffico marittimo tra Africa, Europa e Asia di quell’area (si calcola che circa il 12% del commercio mondiale passa da lì). Ancora incertezza su quando la situazione si sbloccherà definitivamente (numerosi i rimorchiatori al lavoro per sbloccare la circolazione, ripresa da poco ma solo in modo parziale): se si superassero i 3-4 giorni, i mercati delle materie prime potrebbero cominciare a risentirne. Emblematico l’esempio del petrolio, con oltre 10 milioni di barili di greggio bloccati e petroliere costrette all’ancoraggio in entrambe le direzioni.

«Un problema che non ci voleva, se si considera che le spedizioni sono già state messe a dura prova dalla pandemia - spiega Marcello Saponaro, presidente della Logimar, società di spedizioni con sede a Carobbio degli Angeli ( 9 milioni di fatturato con 20 dipendenti) specializzata in trasporti speciali e molto attiva in Africa -: non si capisce ancora quanto tempo durerà questa situazione che coinvolge anche merci bergamasche provenienti e destinate non solo in Africa, ma soprattutto in Asia e nella penisola Arabica. Noi come spedizionieri, abbiamo decine di container in transito in questi giorni da Suez, trasportando in particolare macchinari, trattori e componentistica idrosanitaria. Se il fermo si limitasse a 2-3 giorni come auspichiamo, i danni sarebbero abbastanza modesti, se invece il disagio perdurasse, allora i problemi sul piano economico comincerebbero a pesare».

Altra azienda che in tutti i periodi dell’anno opera in quella zona è la filiale bergamasca di Jas Jet Air: «Anche noi abbiamo merci destinate al Far East che hanno subìto questo ritardo - fanno sapere dalla sede di Grassobbio -: si va dai macchinari fino ai prodotti cosmetici. Due-tre giorni di stop sarebbero ancora abbastanza tollerabili in tempi di pandemia, dato che in un recente passato ce ne sono stati altri per i porti molto congestionati, causa il poco personale a terra bloccato per il Covid».

Coinvolta anche la Db Schenker: «Ci sono danni diretti e indiretti - spiega Thomas Belsito, responsabile della filiale di Lallio -: non solo infatti per le merci bloccate in questi giorni, ma anche per i ritardi a catena che si accumuleranno dopo che la situazione si sbloccherà, con aggravi sulla catena logistica bergamasca». Anche la filiale lecchese della svizzero-tedesca Fischer & Rechsteiner che trasporta spesso merci bergamasche, è interessata dal blocco: «Suez è un po’ un collo di bottiglia per i traffici marittimi - spiegano - e ogni volta che c’è un problema, il disagio si ripercuote su chiunque fa spedizioni. In particolare noi in questo periodo abbiamo un buon flusso di merci legate all’alimentare e destinate in Australia. Se la situazione si sblocca a breve, il colpo verrà comunque riassorbito senza grossi problemi, diventerebbe invece drammatico se dovesse durare una settimana o oltre». Merci bloccate anche per la Tecnofreight di Osio Sotto che trasporta soprattutto prodotti plastici, food e componentistica verso Cina e India.

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