Algoritmi, il no di Amato e la rotta necessaria

IL COMMENTO. Il presidente emerito della Consulta Giuliano Amato dalla Commissione algoritmi del Governo sull’Intelligenza artificiale lasciano un fondo di amarezza per la vicenda. Chi pensa che non avesse il profilo giusto anche per via dell’età venerabile non conosce l’argomento. Come abbiamo già scritto i pericoli legati alla cosiddetta Ia (o Ai, per chi preferisce l’inglese) sono principalmente di natura etica.

Ma è probabile che al fondo di questa decisione ci fossero dei problemi di natura politica, anche per via delle dichiarazioni sui rischi del sovranismo per la giustizia (affermazione a ben vedere quasi lapalissiana, visto che i sovranisti cercano di trasformarsi in potere autocratico e il potere autocratico non sopporta altri poteri, tanto più di controllo giuridico). Evidentemente tutto questo ha dato fastidio al Principe (o in questo caso alla Principessa) e Amato non è il tipo da ingoiare certe critiche, come quelle fatte durante la conferenza stampa di inizio anno.

Va dato atto che quella di nominare il teologo e filosofo francescano padre Paolo Benanti dopo aver preso atto delle dimissioni di Amato è una scelta felice, praticamente inattaccabile. Stiamo parlando infatti di uno dei massimi esperti mondiali dell’argomento, chiamato dal segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, a far parte del Comitato internazionale di esperti (nel quale oltretutto è l’unico italiano presente). Che impronta darà Benanti alla Commissione algoritmi? Dal suo lavoro, dalle sue pubblicazioni e dal suo pensiero espresso nelle rare interviste siamo in grado di fare qualche previsione. Non è un entusiasta. E nemmeno un catastrofista. Non si tratta né di un «apocalittico» né di un «integrato», secondo la famosa definizione di Umberto Eco, bensì di uno studioso consapevole che progresso e sviluppo, come diceva Pasolini, sono due parole diverse. E ogni progresso, per diventare sviluppo, ovvero tecnologia al servizio del benessere e della giustizia sociale, ha bisogno di leggi, di normative, di quella «supervisione etica» senza la quale la materia sfuggirebbe al controllo dell’uomo o si presterebbe a ingiustizie o a derive autoritarie.

L’Intelligenza artificiale, nelle sue svariate forme (dalla domotica all’editoria, dalle auto a guida autonoma alla robotica) è una disciplina molto vasta, che si propone di costruire macchine «intelligenti», ovvero di adattarsi al pensiero dell’uomo e addirittura generare nuovi sistemi sulla base dei dati forniti. Essa è un modo di progettare l’automazione in modo tale che la macchina si adegua alle varie circostanze per ottenere il fine per la quale è stata programmata. Il problema, appunto, sono i fini, che sono di competenza umana. E per impedire che il tutto ci sfugga di mano, come nel computer «Al» di «2001 Odissea nello spazio», o che se ne approfitti, è necessario porre dei paletti. Benanti li chiama «guardrail etici», in grado di mantenere queste macchine pensanti sulla strada per la quale sono strade progettate.

Già nel messaggio per la Giornata mondiale della pace Papa Francesco ha sottolineato i rischi dell’Intelligenza artificiale, a cominciare dalla manipolazione di dati e informazioni capaci di orientare il pensiero politico dei cittadini e portare a derive autoritarie. Nel messaggio, Bergoglio invita le organizzazioni internazionali a collaborare per avere un trattato internazionale vincolante che regoli lo sviluppo e l’uso delle «menti digitali» nelle sue molteplici forme con l’obiettivo di prevenire le «cattive pratiche» e incoraggiare quelle «buone». È certamente questa la stella polare del cammino verso il quale padre Benanti orienterà il lavoro di questa importantissima Commissione.

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