Alluvioni tragiche: l’ambiente non aspetta

MALTEMPO. Si potevano evitare i morti dell’ennesima tragedia ambientale che ha colpito l’Emilia Romagna e le Marche, dopo quelle avvenute, per citare quelle degli ultimi anni, nel Centro Italia, a Ischia, a Catania, a Genova e in provincia di Cuneo?

La tragica alluvione di ieri è la tragica fotocopia delle precipitazioni che si erano accanite nelle stesse province tra il primo e il quattro maggio. Su Cesena, tra le località che più stanno soffrendo, in 18 ore si sono abbattuti 70 millimetri di pioggia a fronte di una media che, nell’intero maggio, negli ultimi trent’anni è stata di 52 millimetri. A Faenza siamo a 70 millimetri contro una media di 57. Stesse condizioni meteo, stesso maltempo che si concentra sulla stessa area in pochi giorni, ancora vulnerabile, come un pesante uno-due sferrato con inusitata violenza. Ma soprattutto uno scenario di piogge torrenziali dopo mesi di siccità.

I fiumi sono tornati a ingrossarsi quando erano ancora al limite della capacità di assorbire le precipitazioni, senza contare in altura i danni dei movimenti franosi. I loro alvei asciugati dal sole erano come lastre di cemento. I video di allagamenti apocalittici rimbalzano sui social e mostrano tutte le loro conseguenze. Il guaio è che essendo stato il terreno secco per mesi, solo una parte dell’acqua viene drenata e finisce in falda, il resto tracima, ruscella via in mezzo ai campi, fino a raggiungere strade, autostrade e zone abitate. Aspettavamo l’acqua, certo, l’acqua che scarseggia nel grande padre Po e nei suoi affluenti, ma non in questo modo, all’improvviso, in quantità copiose e senza che il terreno potesse accoglierla come fa normalmente, assorbendola, drenandola e portandola nel sottosuolo, abbeverando campi e boschi. Uno scenario che, prevedono i meteorologi, è destinato a permanere per alcuni giorni con chissà quali conseguenze.

Tornando alla domanda iniziale: tutto questo si poteva evitare? I problemi legati alle inondazioni permangono e sono vecchi da quando sono nate le bombe d’acqua, causate dalle correnti marine che si scontrano con l’aria fredda, dando luogo alle precipitazioni. A cui dobbiamo aggiungere la cementificazione degli argini dei fiumi e la costruzione abusiva di troppo case vicine ai loro argini. Ma qui c’è qualcosa di più. C’è il problema di un tempo impazzito non più riconoscibile, che dà luogo a precipitazioni concentrate e improvvise, a primavere fredde e inverni caldi, a lunghi periodi di siccità alternati con inondazioni. Questo tempo impazzito, è ormai chiarito, dipende dal riscaldamento climatico. Il quale a sua volta è dato dalla concentrazione di Co2 prodotto dalle energie fossili. La guerra in Ucraina e la crisi energetica ci hanno fatto dimenticare l’esigenza di arrivare a energie alternative capaci di evitare il surriscaldamento del Pianeta Terra.

Siamo stati troppo distratti dall’inflazione e dai problemi economici di natura esogena causati, almeno in parte, dalla guerra alle porte dell’Europa e dalla produzione di carbon fossile del gigante economico della Cina. Ma l’ambiente se ne frega degli uomini e delle dinamiche geopolitiche. La tragedia di ieri è l’ennesima conseguenza del nostro disinteresse non solo per le condizioni di sicurezza in cui dobbiamo mettere le nostre città, i nostri campi e soprattutto le nostre abitazioni, ma anche del disinteresse per una transizione ecologica assolutamente necessaria. L’ambiente va avanti. L’ambiente non aspetta.

© RIPRODUZIONE RISERVATA