Atalanta, vittorie diverse
da sogno a realtà

È inutile che le chiediate di essere normale: l’Atalanta non sarà mai normale. Poteva essere il pomeriggio più tranquillo della storia, si è trasformato nel pomeriggio più thriller, o quasi, della stagione. Con una squadra che prima domina e poi passeggia, e l’altra, che dal campionato non ha più nulla a pretendere, che s’infiamma e rischia una rimonta epocale. No, l’Atalanta non è e non sarà mai normale: non sarebbe l’Atalanta, che qualsiasi cosa faccia, se la suda fino al 95’. Tre volte in Champions, nemmeno nei sogni più sfrenati. Quel che non riesce alle squadre metropolitane, che poi quando ci riescono si riempiono di debiti fin sopra il collo, riesce a questa realtà che era piccola, e sta diventando grandissima passo dopo passo.

In tempi «normali» questa rimonta quasi subita farebbe storcere il naso, aprirebbe il rubinetto delle critiche. No, non oggi. Oggi va bene così perché chiunque, dopo il primo tempo, avrebbe pensato a una partita morta e sepolta, e soprattutto chiunque, Gasperini in testa, avrebbe pensato a conservare il serbatoio per mercoledì, per la finale di Coppa Italia, per l’appuntamento con un’altra pagina di storia, la quinta finale dal 1907 al 2021.

Che è poi quella che ancora manca, l’unica: il capitano dell’Atalanta che alza un trofeo, come tutti quelli che i tifosi dell’Atalanta hanno solo guardato, sempre pensando a Piero Gardoni, l’unico capitano che in 114 anni di storia abbia avuto l’onore, e l’emozione, di abbracciare un trofeo e portarlo a Bergamo.

Ora potrebbe toccare a Rafael Toloi, ma già sappiamo che l’Atalanta anche stavolta ha già fatto tutto quel che doveva, e accarezzando l’idea del secondo posto ha gettato la palla un’altra volta oltre l’immaginabile. Merito di tutti, di chi sta in prima fila e la butta dentro e di chi lavora in silenzio, dietro le quinte. Un successo così non si costruisce mai grazie a uno solo: è il gioco di squadra – massime competenze sempre al posto giusto - il segreto dell’Atalanta che si piazza nel salotto delle grandi, e piano piano conquista il posto più comodo del sofà.

Il futuro è già qui: tempo otto, nove giorni, poi sarà tempo di fare programmi. Ma in mezzo la storia può ancora subìre grandi rivoluzioni. Non solo la Coppa Italia, ma anche un possibile secondo posto, con l’Atalanta che si metterebbe dietro tutti, alle spalle di un’Inter che ha vinto lo scudetto e ora chiede ai suoi giocatori di rinunciare a due mesi di stipendio, perché il salvadanaio ha una qualche difficoltà.

Ecco: arrivare secondi – ma anche terzi, se secondo arriva il Milan… - con un bilancio sano è come vincere lo scudetto, perché si gioca con le armi della correttezza gestionale, e non spendendo, come fanno le altre, praticamente tutte, tantissimo più di quel che si può. Abbiamo detto tutti un gigantesco «no» alla Super League, alla pretesa di incassare sempre di più a prescindere dalle proprie possibilità. Sarà però anche ora che le istituzioni del calcio guardino davvero dentro ai conti delle società, e non trattino allo stesso modo chi gioca corretto, spendendo quel che può, rispetto a chi spende e spande, vince e poi si vedrà.

Per questo questi successi dell’Atalanta valgono tantissimo: perché sono diversi dagli altri. Non sono normali, data la triste normalità delle big del calcio. Perché dove c’è l’Atalanta, la normalità non c’è mai. E dobbiamo esserne orgogliosi.

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