Autostrade, è presto
per dire chi ha vinto

Per il futuro di Autostrade, il difficile viene adesso. Il percorso per la parziale rinazionalizzazione sarà lungo, durerà certamente più del governo che ha preso una decisione tutta politica, di per sé preoccupante perché torna ad allargare spazi di statalismo già incombenti (Ilva, Alitalia). I due protagonisti - Atlantia costretta ad uscire, Cassa depositi e prestiti costretta ad entrare - non hanno fatto un’operazione di mercato. Se liberi di scegliere, avrebbero fatto tutt’altro. Hanno ceduto alla forza del decisore pubblico, e Aspi (non Atlantia, però) era oggettivamente dalla parte del torto.

Non si può sapere se davvero la magistratura troverà lo stesso unico «colpevole» della tragedia, oggi individuato con criteri politici punitivi nell’azionista finanziario, che dovrebbe rispondere solo di eventuale colpa o dolo dimostrabili. Essendo le responsabilità penali personali, è pressoché certo che non saranno «i Benetton», condannati invece, già 10 minuti dopo la disgrazia, per presunti finanziamenti di partiti con meno di 5 Stelle. «I Benetton» sono stati ora spinti ad andarsene dalla gestione dell’intera rete, e subentreranno Cdp e i nuovi azionisti pescati tra i fondi e in Borsa. Molti hanno tirato un sospiro di sollievo perché l’alternativa sarebbe stata disastrosa. La tanto sbandierata, da Conte fino all’ultimo, revoca della concessione, prevedeva una penale di 23 miliardi e poco avrebbe potuto valere la riduzione a 7 - via decreto mille proroghe! - fatta con una vera prepotenza legislativa secondo lo stile del Marchese del Grillo che trattava i creditori sulla base della sua capricciosa convenienza.

E dopo la revoca, sarebbe arrivata l’Anas, ente di Stato che proprio non è a sua volta campione di affidabilità. Andate a vedere l’accartocciato ponte sul Magra, provincia di La Spezia. La verità vera essendo che in una Repubblica non delle banane quella che è decisiva non è la capacità del costruttore (siamo anzi campioni del mondo in viadotti e gallerie) o del gestore, ma la sorveglianza del controllore pubblico. Anche per il Morandi, tutto dipendeva dal controllo ministeriale e non è difficile prevedere che le sentenze della magistratura, quando verranno, ne parleranno. Per non dire della responsabilità politica di chi continua a tener ferma la Gronda di Genova, unico modo di alleggerire già da decenni il vecchio ponte. «I Benetton» del resto non escono gratis, anzi è molto probabile che facciano plusvalenze miliardarie, sperabilmente da investire in altre attività produttive come hanno saputo già fare (Aspi è solo un pezzo di un impero autostradale mondiale, e la loro holding è leader internazionale negli aeroporti e non solo). La quotazione di Aspi dipende non solo dai diktat governativi su Cdp, che peraltro è tenuta a investire bene i soldi dei pensionati, ed ha azionisti privati che ragionano secondo logiche di utilità, non per far piaceri alla politica, come hanno già dimostrato. Quello che è totalmente assente - e in una vendita di azioni sembra quasi paradossale - è il prezzo. Nessuno si è azzardato a farlo e sarà complicato formarlo, anche perché lo stesso Stato che cambia la proprietà si dà da fare per gravarla di oneri e vincoli, abbassandone il valore: pedaggi ridotti, manutenzioni miliardarie, assunzioni e vantaggi territoriali.

Per comprare il 33% da Atlantia si parla di almeno 3-4 miliardi e sarà bello se anche i piccoli azionisti, che sono tanti, potranno recuperare una parte di quanto già perso, perché per il momento le vere vittime economiche sono loro. Gli aspiranti compratori ci sono, ma faranno i loro calcoli. Cdp non sarà inerte e tantomeno lo saranno i fondi americani e australiani. Per arrivarci, dicevamo, non sarà comunque facile. Per ora, evitiamo almeno di contare vincitori e vinti per pura propaganda, perché i torti sono ben distribuiti. Gli unici che hanno davvero perso tutto sono i 43 caduti due anni fa a Genova.

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