Banalizzare
il razzismo
significa tollerarlo

«L’Italia divisa sul nulla» è il titolo del post che Beppe Grillo pubblica sul suo blog, dedicato alla grande manifestazione di sabato a Milano contro il razzismo. «Un razzismo esclusivamente mediatico», scrive il fondatore del Movimento 5 Stelle, secondo il quale il vero problema è «un crescente egoismo sociale». Il Paese, aggiunge sul «sacro» blog, «sceglie falsi problemi: piuttosto che sostenere i suoi milioni di poveri preferisce disquisire di miliardi per bucare una montagna», alludendo evidentemente alla Tav, la linea di alta velocità odiata dai grillini e sostenuta dai leghisti, al centro dei contrasti all’interno del governo gialloverde.

«A Milano 250 mila persone hanno manifestato contro il razzismo, un razzismo esclusivamente mediatico, ma Sala lo definisce momento spartiacque... e ha ragione – continua Grillo –. Chiunque abbia un minimo di buon senso non vede alcun razzismo, ma soltanto un crescente egoismo sociale. Ma allora cosa sta succedendo? Sembra che il Paese non voglia confrontarsi con i suoi veri fantasmi».

Grillo sbaglia. Non si tratta solo di rispettare le piazze, come gli ha risposto il sindaco di Milano Beppe Sala e altri esponenti dell’opposizione. Centinaia di migliaia di persone si sono radunate in Piazza Duomo e dintorni per chiedere un Paese «senza discriminazioni, senza muri, senza barriere». No, qui c’è un’altra questione in gioco: una sorta di negazionismo francamente inopportuno, figlio di quel «benaltrismo» («in Italia c’è ben altro») che è diventato l’alibi per far finta che nel nostro Paese non esista questo tipo di problemi.

In Italia, ovviamente, non c’è il Ku Klux Klan, ma gli episodi di intolleranza nei confronti di chi è classificato come «diverso» (il rom, l’extracomunitario e via dicendo) sono in aumento. Si manifestano in diversi luoghi sociali, dalla scuola agli stadi e arrivano perfino nel nostro Parlamento. Dire che è un fenomeno «mediatico» è una sciocchezza, perché i media non fanno altro che raccontare quel che succede nella realtà, con buona pace di Grillo e del suo blog. E naturalmente si inserisce in quella campagna contro i mezzi di comunicazione e i giornalisti che da sempre è pervicacemente portata avanti all’interno del Movimento.

Banalizzare il razzismo è il primo passo verso la sua tolleranza. Milena Santerini, presidente dell’Alleanza contro l’intolleranza e il razzismo del Consiglio d’Europa, vede con preoccupazione «la dimensione popolare e banale dell’intolleranza contemporanea, che si traduce nell’affermare che le differenze siano inconciliabili e siamo destinati a vivere separati».

Il razzismo può essere di ogni colore, parte dalle discriminazioni e poi arriva ai crimini. E anche la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta a quattro campi di concentramento durante la Shoah, non fa che ripetere che «l’indifferenza regna sovrana ora come allora. Non è questione di essere cattivi o buoni. È una regola che quando qualcosa non ti riguarda personalmente, lasci perdere. Questo è uguale in tutti i tempi. Certo, i non indifferenti ci sono sempre. Oggi si battono perché dei poveri disgraziati non siano lasciati ad affogare in mezzo al mare e non muoiano di gelo tra le montagne. Sono pochissimi, ma ci sono. È questa l’unica analogia con l’Italia di 80 anni fa quando furono promulgate le leggi razziste».

Il razzismo, anche in Italia, non è un falso problema. Assistere a una manifestazione che rinnova i suoi valori di tolleranza e fraternità, fa solo bene alla salute di questo malconcio Paese.

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