Calo delle nascite, in Italia resta ancora molto da fare per sostenere le famiglie

Gli autorevoli e decisi interventi delle massime istituzioni civili e religiose come il Presidente della Repubblica Mattarella e Papa Francesco, in occasione degli Stati generali della Natalità avviati ieri a Roma, rappresentano con forza e chiarezza l’attuale situazione demografica dell’Italia. Il malessere demografico del nostro Paese è quello descritto ancora una volta in modo crudo e realistico dall’Istat. Le dinamiche della popolazione – bassissima natalità e intenso invecchiamento - sono tali che nel 2050 «la popolazione avrà 5 milioni di abitanti in meno – ricorda alla platea dei partecipanti il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo - di cui 2 milioni di giovani in meno.

Le persone con 90 anni che oggi sono 800 mila, saranno più del doppio un milione e 700 mila» e in assenza di cambiamenti «solo poco più di una persona su due sarebbe in età da lavoro». In un simile scenario, ha concluso Blangiardo, «le nascite annue potrebbero scendere nel 2050 a 298mila unità». Tutto tremendamente chiaro.

La novità positiva è che, nelle parole di autorità e istituzioni che decidono di pronunciarsi sullo stato di salute della nostra popolazione, c’è ormai una diffusa consapevolezza sia della gravità della situazione sia della necessità di andare oltre la pur lodevole denuncia. Infatti Papa Francesco, con il fiuto per il sentire della gente e la franchezza che gli appartengono, ha affermato nel suo messaggio che «il tema della natalità rappresenta una vera e propria emergenza sociale. Non è immediatamente percepibile, come altri problemi che occupano la cronaca, ma è molto urgente: nascono sempre meno bambini e questo significa impoverire il futuro di tutti; l’Italia, l’Europa e l’Occidente si stanno impoverendo di avvenire». Il Pontefice ha quindi aggiunto: «I dati, le previsioni, i numeri sono ormai noti a tutti: serve concretezza. È il momento di dare risposte reali alle famiglie e ai giovani: la speranza non può e non deve morire di attesa».

Un passo in avanti rispetto alla denuncia lo ha compiuto anche il Presidente della Repubblica Mattarella che, richiamandosi alla Carta costituzionale, ha indicato come inderogabile «assumere con determinazione l’obiettivo di affrontare la crisi della struttura demografica del Paese».

In tale direzione, il Presidente, con particolare riferimento all’impegno femminile, ha sottolineato come vi siano «ancora oggi troppi impedimenti e difficoltà per raggiungere una piena parità e un apporto essenziale può venire dalla conciliazione dei tempi di cura della famiglia e dei tempi di lavoro. È questione che interpella anche le imprese e la loro funzione sociale. Non può esservi opposizione tra impegno professionale, attività lavorativa e scelta di maternità – ha concluso Mattarella -. Le politiche per la famiglia sono un contributo essenziale allo sviluppo».

Anche l’Istat ieri ha rivestito un originale (e utilissimo) ruolo propositivo. Perché assegno unico e Family Act sono senz’altro un passo nella giusta direzione, ma l’Istituto nazionale di statistica ha indicato un modello più generalizzato e già sperimentato di sostegno alla famiglia, quello francese. Parigi prevede allo stesso tempo prestazioni generali di mantenimento (per esempio assegni familiari), prestazioni legate alla nascita e alla custodia della prima infanzia (premio alla nascita, assegno di base, ecc.), prestazioni ad assegnazione speciale (per figli disabili o inizio anno scolastico), oltre allo storico quoziente familiare per la tassazione del reddito. Tutti passi nella giusta direzione che come Italia dobbiamo ancora compiere.

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