Cina-Usa, con i 737
vola il conflitto
Pochi mesi fa, lo stesso modello di aereo, entrato in servizio nel 2017, era stato protagonista di una tragedia simile in Indonesia, con 189 morti. Fin qui la cronaca. Il fatto è che meno di ventiquattr’ore dopo il disastro dell’Ethiopian, le autorità di Pechino hanno ordinato di mettere a terra i 737 Max 8 che volavano per una dozzina di compagnie aeree cinesi, per un totale di 96 aeroplani, ovvero un quarto di tutti quelli operanti nel mondo. Una decisione clamorosa. Non solo perché poi diversi altri Paesi hanno seguito l’esempio della Cina, con conseguente crollo in Borsa delle azioni Boeing. Ma anche perché, proprio mentre i cinesi annullavano centinaia di voli, la FAA (Federal Aviation Administration, l’agenzia americana incaricata di sovrintendere all’aviazione civile) confermava l’affidabilità del velivolo incriminato.
È più che abbastanza, insomma, per inserire anche questa schermaglia nella durissima battaglia che da molti mesi, ormai, contrappone gli Usa alla Cina. Washington è stata a lungo all’offensiva dopo aver aumentato i dazi su una lunga serie di merci cinesi. Pechino ha incassato colpi di una certa potenza. Tra i due litiganti ci ha guadagnato l’Europa. L’Onu ha calcolato che i 250 miliardi di merci cinesi che non sono entrati negli Usa a causa dei superdazi sono stati sostituiti in gran parte da esportazioni di Paesi terzi (con quelle europee, appunto, in prima fila) e solo in percentuale minima dalla produzione nazionale americana.
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