Con la morte
non finisce tutto

Noi viviamo per nascere. È prospettiva affascinante che fa della nascita non solo un evento che sta all’inizio, ma un dono che sta all’origine. L’evento si allontana nel tempo, l’origine invece ne rivela il senso. L’ombra della morte che si è allungata sulla nostra terra sembra accorciarsi, ma le cicatrici e le tracce lasciate nei cuori e nelle menti di tanti non si cancellano. Non si cancella neppure l’interiore consapevolezza della forza morale che si è rivelata come patrimonio prezioso della nostra comunità e che non intendiamo disperdere mentre l’emergenza diventa meno grave.

È quella forza che in questo momento sostiene il difficile equilibrio tra la necessità e la volontà di ripresa e l’altrettanto necessaria responsabilità perché il contagio non trovi favorevoli condizioni alla sua diffusione. È la forza della solidarietà espressa nei modi più creativi e di un volontariato che riesce ad esprimersi con una generosità e affidabilità che merita ogni riconoscimento.È la forza di tutti coloro che nella determinazione a non sottrarsi al proprio dovere e al di più del proprio dovere, continuano a garantire le condizioni fondamentali alla vita di ciascuno e dell’intera comunità. È la forza di chi, impedito o limitato nel proprio lavoro, resiste attingendo a tutte le risorse

di cui dispone, economiche e insieme morali. È la forza di chi rifiuta le scorciatoie che potrebbero ingiustamente avvantaggiarlo a scapito degli altri e dell’intera comunità. È la forza delle nostre parrocchie, non solo distribuite, ma anche radicate nella nostra terra, capaci di rappresentare ragioni di speranza non solo per i credenti.

L’evocazione di questa forza e delle sue manifestazioni, sostiene un’interiore percezione, spesso soffocata e sepolta, sotto il peso della paura, della diffidenza, della sfiducia: noi siamo fatti per la vita e non per la morte. La consapevolezza del nostro limite e di quello che assume le caratteristiche della nostra mortalità, non ci fa dei rassegnati e voraci consumatori del tempo e dello spazio e neppure dei superuomini o semidei accecati dall’illusione dell’onnipotenza: piuttosto ci apre alla consapevolezza della forza generativa del dono gratuito, dell’incontro, della condivisione e infine dell’amore.

Il nostro essere mortali, non può significare che con la morte finisce tutto. Questa, che avvertiamo come percezione, nelle pieghe del nostro vivere giorno dopo giorno, ci viene rivelata sorprendentemente nella Pasqua dei cristiani. Il Crocifisso risorge, inaugura e comunica una vita nuova, di cui le sue parole, i suoi gesti, la sua stessa persona sono narrazione e testimonianza. La sua vittoria non assume le connotazioni del trionfo che pure merita. È un principio, è origine, è una nascita nuova. Il Risorto porterà per sempre le piaghe del Crocifisso, segno di quell’amore da cui nasce la vita nuova. La sua vittoria si dispiega nella storia, che richiede sempre nuovi inizi e domanda che essere per la vita sia condizione per lottare sempre sulla morte incombente. Coloro che credono nella Risurrezione, insieme a donne e uomini di buona volontà, si riconoscono esseri per la vita e fanno della fede un cammino che risana ferite, ricuce relazioni, ridona speranza, apre al futuro. Buona Pasqua.

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