Conferenza sul clima, non c’è tempo
da perdere

Tutto è connesso. Questa frase, ricorrente nel magistero di Papa Francesco, è la bussola per capire la crisi climatica e ambientale. La scienza dimostra come l’aumento della temperatura media globale, connesso con le emissioni di gas serra delle attività umane a partire dalla Rivoluzione industriale, provochi i cambiamenti climatici e renda gli eventi meteorologici estremi più intensi, frequenti e duraturi. Ricordiamocelo sempre, non solo in questi giorni in cui si tiene in Egitto l’annuale Conferenza dell’Onu sul clima.

Il summit di Sharm el-Sheikh, cui partecipano oltre 90 capi di Stato e di governo e rappresentanti di 190 Paesi, si chiama Cop 27, ventisettesima Conferenza delle Parti. Le «Parti» sono gli Stati che, ormai trent’anni fa, hanno aderito alla Convenzione Onu sul cambiamento climatico. Nel 2015, alla Cop 21 di Parigi, è stato firmato il noto Accordo per limitare ben al di sotto dei 2 gradi il riscaldamento medio globale rispetto al periodo preindustriale, puntando a un aumento massimo di 1,5 gradi. Siamo già a 1,2 gradi in più, a soli tre decimi, un’inezia. L’Accordo di Parigi si basa sugli impegni di riduzione delle emissioni di gas serra assunti dai singoli Stati.

Aggiornati l’anno scorso alla conferenza di Glasgow, se rispettati portano a un aumento della temperatura nei limiti stabiliti a Parigi. Ma nell’ultimo anno solo 26 Paesi hanno intensificato la propria azione. «Siamo sulla buona strada per un caos climatico irreversibile», ammonisce il segretario dell’Onu, António Guterres. «La Cop 27 deve essere il luogo in cui ricostruire la fiducia e ristabilire l’ambizione necessaria per evitare di condurre il pianeta oltre il precipizio».Il vertice in Egitto è accompagnato dallo scetticismo. Rispetto all’anno scorso, ci sono la guerra e la crisi energetica, con la ripresa del ricorso al carbone, il più dannoso per il clima tra i combustibili fossili. Ieri sono intervenuti capi di governo, tra cui il presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni.

Il nuovo governo ha cancellato Transizione ecologica dal nome del ministero competente e ripristinato quello di Ambiente, aggiungendovi la Sicurezza energetica. Rapido nel far ripartire le trivellazioni alla ricerca del poco gas nei nostri mari, ora deve dimostrare di esserlo altrettanto nelle autorizzazioni per le rinnovabili e nel varare gli attesi decreti attuativi delle comunità energetiche. L’Unione Europea, responsabile solo dell’8 per cento delle emissioni mondiali di anidride carbonica che altera il clima, si è posta l’obiettivo di abbatterle del 55 per cento entro il 2030 rispetto al 1990. L’Occidente, dove la Rivoluzione industriale è iniziata nell’Ottocento, ha un enorme debito ecologico.

Degli aiuti, fissati in 100 miliardi di dollari all’anno, ai Paesi più poveri per la mitigazione e l’adattamento si sono viste solo le briciole. Il risarcimento delle perdite e dei danni causati dagli effetti del cambiamento climatico è al centro dei negoziati di quest’anno. Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha annunciato ieri di voler premere sui Paesi ricchi non europei, in particolare Stati Uniti e Cina, affinché paghino la propria parte. Le conseguenze dell’accumulo di gas serra mettono a rischio la sopravvivenza di intere popolazioni e generano drammatiche migrazioni. L’ultimo anno ha mostrato come anche l’Europa, dove l’aumento della temperatura è più del doppio della media globale, assista a lunghi periodi di siccità, ondate di calore mai viste, inondazioni devastanti. E l’Italia è più esposta: l’adozione del piano di adattamento agli eventi estremi cui inevitabilmente andremo incontro sia una priorità. La crisi climatica è una questione politica primaria perché mette a rischio il futuro stesso dell’umanità. Non c’è più tempo da perdere per evitare le conseguenze più catastrofiche.

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