Coronavirus, l’equilibrio
tra rilancio e pandemia

La proroga dello «stato di emergenza» era una misura prevedibile, dato l’andamento dei contagi emerso nelle scorse settimane. Qualcuno arriva a parlare – con incosciente avventurismo politico - di dittatura sanitaria. Altri rilevano che l’espressione «emergenza» è impropria, poiché è riferibile a fenomeni inattesi e non prevedibili. Osservazione non priva di senso, ma che rimane sul piano delle discettazioni accademiche o, peggio, della chiacchiere da bar. Occorre fare un passo avanti nella direzione della sostanza del problema. Il decreto ha l’obiettivo di indurre tutti a non abbassare la guardia nei confronti di un fenomeno ormai ben noto ma ancora lontano dall’essere sconfitto. Per l’elementare ragione che soltanto un vaccino efficace sarà in grado di immunizzare le popolazioni contro la malattia. Quindi, si tratta di prorogare lo «stato di allerta».

L’aver posto come termine il 31 gennaio 2021 fa pensare ad una scelta che permetta di intervenire con misure anche molto restrittive – nel caso si rendessero indispensabili – nel periodo natalizio. Arco di tempo nel quale spostamenti di persone e assembramenti si moltiplicano in modo esponenziale. È, però, a ben vedere soltanto una parte del problema.

Non si può disconoscere che l’attuale governo abbia ben operato sia nella drammatica fase 1 della pandemia, nella quale gli addetti al sistema sanitario e di sicurezza civile hanno dato prova di impareggiabile abnegazione e di strenua capacità di resistenza. E nella quale, a loro volta, i cittadini hanno dimostrato uno spirito di adattamento e una disciplina su cui pochi al mondo avrebbero scommesso. Anche nella fase 2, allorché sono state tracciate le linee guida per la ripresa, il governo ha saputo tenere insieme un sistema non omogeno di provvedimenti.

Ora siamo nella fase 3, quella del rilancio del Paese. Su questo piano – a causa delle perduranti incertezze delle forze di maggioranza – siamo tuttora agli auspici e a vaghe enunciazioni. L’elemento di più rilevante criticità è costituito dalla circostanza che la fase del rilancio rischia di incrociarsi con aspetti della fase 1, nella quale è stata prevalente l’esigenza di contrasto immediato, rigoroso, efficace all’espansione del virus.

Per evitare che ci si annodi in un groviglio tra opera di rilancio economico e l’esigenza di contenere l’andamento del virus per tutelare la salute dei cittadini, occorre valutare con lucidità le condizioni di contesto per calibrare sia le soluzioni da adottare, sia le modalità di intervento. È una questione di tempi e di capacità di individuare ogni volta le priorità.

Da un po’ di tempo sta diventando evidente l’insofferenza di molte persone nei confronti dell’obbligo di rispettare i limiti imposti. A ciò fanno da contraltare ripetute violazioni delle restrizioni, in nome di una non ben chiara «limitazione» della libertà personale. A completare il quadro una tuttora insufficiente azione di controllo e di sanzione nei riguardi di coloro che violano le regole. In questo quadro è prevedibile che si arriverà a chiusure articolate territorialmente sulla base di focolai da circoscrivere, nonché a restrizioni selettive (anche drastiche) tese ad evitare pericolose forme di assembramento.

Una ben dosata serie di azioni su questi terreni potrà ottenere risultati soddisfacenti a patto che esista una guida unitaria nelle scelte da adottare. Non si può continuare con il balletto delle ordinanze, con le quali ciascuna regione va per suo conto, producendo squilibri e incertezze. Il resto spetta ai cittadini. E’ indispensabile che prevalga in tutti il senso di responsabilità, poiché la democrazia non è soltanto diritti ma anche doveri. «La libertà non è uno spazio libero – cantava Giorgio Gaber – la libertà è partecipazione». Occorre ricordarlo sempre.

© RIPRODUZIONE RISERVATA