Decisionismo e rinvii
alla prova di settembre

Il Parlamento chiude i battenti per qualche settimana di ferie estive tra i veleni dello scandalo dei cinque deputati che hanno avuto la faccia tosta di chiedere il bonus dei 600 euro destinati ai lavoratori autonomi. Chiusura amara per un anno difficilissimo in cui i rapporti tra governo e Parlamento, nel pieno dell’emergenza Covid, sono stati più che controversi: più Dpcm il presidente del Consiglio emetteva autonomamente al riparo dal giudizio delle Camere, più aumentavano il disagio dei parlamentari della maggioranza e le proteste di quelli dell’opposizione. Quando però Palazzo Chigi ha cominciato a sfornare dei veri e propri decreti legge da convertire in Parlamento, Montecitorio e Palazzo Madama si sono ingolfati: anche per questo l’ultimo provvedimento governativo, il decreto Agosto, verrà esaminato al Senato già dal 18 agosto.

È l’atto politico che, con una manovra da 25 miliardi, porta a 100 lo scostamento del deficit e dunque l’aumento del debito che arriverà al tetto mai raggiunto del 160 per cento. Soldi che servono ancora una volta, da una parte, a tappare le falle che il Covid ha aperto attraverso bonus e vantaggi fiscali, dall’altro a rimettere in moto quella parte dell’economia che ha subito più danni dal lockdown. Da questo punto di vista il ministro Gualtieri può dirsi soddisfatto: è riuscito a trovare un compromesso sulla proroga del blocco dei licenziamenti e sulla Cassa integrazione che non ha provocato rotture insanabili né dentro la maggioranza né con le parti sociali già sul piede di guerra per opposti motivi.

Questo apparente decisionismo di Palazzo Chigi, in realtà, nasconde un vero tarlo della maggioranza: le troppe divergenze e contraddizioni hanno portato Conte ad una politica del rinvio che sta accumulando su settembre una mole gigantesca di decisioni da prendere. E dovranno essere prese quando si tratterà di affrontare un autunno pesante sia dal punto di vista economico che, presumibilmente, sanitario, dunque nelle condizioni più difficili.

Qualche esempio? Per cominciare la legge elettorale, bloccata dal veto di Italia Viva ma indispensabile al Pd per poter appoggiare il Sì referendario alla riforma del numero dei parlamentari. Poi la modifica dei decreti Salvini: la ministra dell’Interno Lamorgese ha pronte le sue proposte ma ancora non riescono ad approvare in Consiglio dei ministri. Ma ci sono anche la riforma dello sport, la legge sull’omofobia, la riforma delle carriere dei magistrati. Niente, se paragonato al vero grosso problema da affrontare: il piano dettagliato di spese da fare nel prossimo triennio con i 209 miliardi del Recovery Fund. Siamo ancora ai titoli dei capitoli: il testo è quasi tutto da scrivere. Il Governo dovrà dimostrare di essere in grado non solo di avere un piano coerente, ma anche di saper spendere i soldi che arriveranno da Bruxelles a partire dalla primavera 2021.

La incapacità di spesa della pubblica amministrazione italiana è nota in tutta Europa ma adesso l’urgenza di invertire la rotta è tale che Conte dovrà necessariamente far pesare tutto il peso della presidenza del Consiglio se vorrà ottenere qualche risultato. Senza contare che, in attesa della prossima primavera, serviranno altri soldi, e la maggioranza dovrà prendere finalmente una decisione sui 36 miliardi del Mes da destinare alla sanità. Non risulta che i grillini abbiano cambiato il loro no a quei fondi comunitari e bisognerà vedere se la spunteranno loro o il Pd con Italia Viva, fortemente favorevoli a chiedere tante risorse a tasso zero.

Di rinvio in rinvio, la prova del nove per maggioranza e governo arriverà il 20 settembre quando si voterà in sei regioni per il rinnovo dei Consigli e dei governatori e in tutta Italia per il referendum sul taglio dei deputati e senatori a cui abbiamo già accennato. Molte cose dipenderanno da quel voto. E non solo per la maggioranza: anche nel centrodestra la partita ragionale sarà determinante. Nessuno crede naturalmente che le prossime settimane di pausa parlamentare saranno di effettivo silenzio politico: basta ricordare che la pazza crisi del 2019 scoppiò proprio ad agosto sulla spiaggia del Papeete.

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