È stato il Sanremo
dei giovani: anche 70enni

Per voce, testo, qualità della canzone avrebbe dovuto vincere Massimo Ranieri. Lo avevano detto subito i giornalisti più stimati, sin dal primo ascolto pre-festival. Poi, però, non lo hanno votato. Ha persino detto «papalina» dal palco, «per i miei nipoti» che giocavano a FantaSanremo... E invece hanno dominato i ventenni come Mahmood & Blanco, il loro look, il loro mood, il loro modo di cantare: dunque – come certifica anche il parere di Roby Facchinetti - il 2022 è l’anno loro. Amadeus ha scelto la musica giusta. Su questo piano ha messo in riga le edizioni di gente come Bonolis e Carlo Conti, animali televisivi, ma per fare Sanremo ci vuole (anche) orecchio. E rispetto a Baglioni, Ama sa tenere più il palco, ininterrottamente, qualunque cosa accada. Glielo ha detto ieri sera, sfacciata e sincera come al solito, Sabrina Ferilli: «Te c’hai le pile».

Lui e Fiorello, splendidi sessantenni, ormai sono due «riserve della Repubblica», capaci di farci quasi dimenticare, per una settimana, il Covid. Fiore pare si sia un po’ stufato di fare quella parte, Amadeus no. Dopo tanti anni in cui ha attraversato in lungo e in largo radio e tivù, anche non da prim’attore, ora è padrone del campo.

Quanto alla musica, è stata sensibile la sua virata verso un pubblico giovane, che ha risposto in massa - dicono tutti i sistemi di rilevazione. Dopo anni di “demonizzazione” dei talent ora si scopre che programmi come X Factor e Amici sono il vero brodo di coltura della musica dei/per i ventenni, quella che ancora (un po’) vende.

Eppure ha fatto bene, il Direttore artistico, a dare in pasto al pubblico più in età i lampi serali dei master della canzone italiana, gente che amiamo da 60 anni, come appunto Ranieri, e Gianni Morandi: la sua performance con Jovanotti venerdì notte è stata la più grande fusione nucleare musicale dopo il Big Bang. Non c’è Aka 7even o Dargen D’Amico che tengano. Stupide le polemiche contro l’over-boost offerto alla sua classifica dell’amico Lorenzo (Amadeus, cosa rara, sul punto si è innervosito): ciò che è certo è che, dopo due anni in poltrona, il Paese popolare ha una gran voglia di alzarsi e ballare.

Ana Mena è stata massacrata e, com’è nelle tradizioni del Festival, nei prossimi mesi farà molto meglio di tanti altri. La Rappresentante di lista e Irama erano lì lì. Ma la terna, dicono tutti, è definita: Mahmood & Blanco favoriti; Morandi, sorpresa difficile ma possibile; quindi Elisa, che richiede tempi di assimilazione più dilatati. La Sala stampa preferiva lei, ma quella demoscopica e il televoto hanno spinto forte in su i due ragazzi. E nella scelta finale, nella notte, a decidere è proprio il televoto.

Infine, si possono dire due parole sulle «prediche» a Sanremo: più la società si laicizza, più la tivù assume toni ispirati. Da una ventina d’anni il Festival della Canzone italiana, prima bersagliato e irriso dagli intellettuali e dagli esponenti della nuova cultura di allora, considerato uno spettacolo retrivo, quando non reazionario, si è caricato l’onere di educare la nazione su alcuni temi di rilevanza attuale, e di «educare» il costume. Le intemerate sono diventate prassi: un po’ troppo. Anche perché sono espressione di un pensiero ultraconformista.

Meglio la Ferilli, che ha ammesso: «Io non ho monologhi questa sera». Perché «in tempi così pesanti, la leggerezza non è superficialità».

Tutt’altro.

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