Emergenza, prevenire
costa e non porta voti

Chissà come avranno preso gli abitanti dei Comuni rimasti senza corrente per la neve e il maltempo la notizia dei nuovi aumenti della bolletta della luce (più 4,5 per cento). Bastano nel 2020 due (o quattro) fiocchi per provocare un blackout? Chiedo scusa se attingo a un ricordo personale: mio suocero Giancarlo, caporeparto dell’Enel negli anni ’90. In caso di pioggia o di maltempo, raggiunto da una telefonata, si metteva il giubbotto, gli stivali e i guanti e andava a «riparare la linea» a qualsiasi ora e con qualsiasi condizione climatica.

Il problema era quasi sempre lo stesso in caso di neve, e probabilmente lo è ancora oggi: nei territori periferici boscosi o di montagna le piante, appesantite dai fiocchi o dalle lastre di ghiaccio della gelata notturna, crollano sulle linee elettriche aeree, soprattutto se la vegetazione non viene controllata e non vengono demolite le linee obsolete, provocando tagli o guasti. A volte mio suocero tornava la mattina all’alba sfinito ma soddisfatto per aver fatto onore al suo lavoro: la linea era stata riallacciata, oppure la cabina elettrica riattivata (altro problema, oggi molto meno frequente perché le centraline di nuova generazione sono tutte computerizzate, pur bisognose in qualche misura di controlli e manutenzione). E oggi? Com’è che dopo una nevicata un’intera comunità rimane senza luce ed energia, senza elettrodomestici, riscaldamento, ricarica del cellulare, Tv, radio, computer, linea wi-fi?

Al di là dell’episodio specifico di questi giorni, va anche detto che la manutenzione non è propriamente in cima ai pensieri delle aziende pubbliche e private italiane.

Il perché è abbastanza semplice, quasi banale: la manutenzione non rende, è un costo. Soprattutto per chi si è svenato per aggiudicarsi ai prezzi più bassi l’appalto (evidentemente qualcosa non funziona nella legislazione se è vero che in Italia crollano persino i viadotti). La logica del massimo ribasso fa sì che l’impresa vincente non ce la faccia nemmeno a coprire le spese di intervento. E così basta un sovraccarico, un incidente, e viene giù tutto. Vi è poi il ricorso sempre più frequente alle aziende appaltatrici. Se i tecnici Enel non hanno rivali nella professionalità, gli addetti delle imprese o delle cooperative che hanno preso la manutenzione in subappalto spesso lo sono un po’ meno.

Il resto lo fanno la crisi, la riduzione del personale e l’aumento di lavoro che costringe a turni massacranti e a un sovraccarico di stress. Naturalmente non si deve fare di un’erba un fascio e generalizzare troppo. Su fronte locale ci sono imprese pubbliche che intervengono prontamente. Citiamo il caso di Uniacque, la società pubblica che ha un centro di pronto intervento molto solerte per cittadini e amministratori locali. È di ieri ad esempio la notizia che Terna ha varato un piano di investimenti di 60 milioni di euro per la nuova linea elettrica Cassano Chiari tra Milano, Bergamo e Brescia, annunciando anche investimenti per 520 milioni di euro in Lombardia nei prossimi 5 anni. Evviva. Ma forse c’è un problema di fondo. La manutenzione, che garantisce affidabilità, efficienza, sicurezza e continuità di esercizio, in Italia è una categoria dello spirito, un’abitudine poco frequentata.

Siamo bravissimi nell’emergenza, un po’ meno nella gestione e nella prevenzione. Forse anche perché la manutenzione, come detto non porta ricavi. E nemmeno voti.

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