Energia e gas: è il momento di essere credibili

Per ora è un timido inizio, perché il blocco dell’import di carbone dalla Russia vale 4-5 miliardi, ma forse la strada delle vere sanzioni è imboccata verso petrolio e gas. La nostra spesa energetica in Russia vale da 100 miliardi in su (sale con i prezzi), e Putin li reinveste non in burro ma in cannoni. C’è un problema anche morale sempre più inaccettabile.

L’equazione decisiva è tra la penalizzazione di Mosca e il contraccolpo di questo genere di scelte sulle economie europee. Secondo Goldman Sachs, il blocco energetico produrrebbe (all’inizio) conseguenze pesanti per Germania (-3,4 del Pil) e Italia (-2,6), devastanti per l’Austria, che dipende all’80% da Mosca, inflazione sopra il 10% (ora a +7,5%). È d’altronde impensabile che una tragedia immane come quella ucraina non abbia conseguenze per tutti noi, solo indignati sul divano. Bene saperlo, e bene prepararsi, perché dopo il colpo iniziale vi sia un orizzonte nuovo.

Un documento interno del Governo Draghi dice che possiamo sostituire le importazioni russe: gradualmente ma seriamente. Il problema è certo più generale, europeo. Sono discorsi difficili, quando si parla di carbone e nucleare, ma non si può essere ipocriti per sempre. Ben 13 soci Ue hanno in casa centrali nucleari, spesso dietro l’angolo nostro. Nella Francia dai 58 reattori, senza il gas russo il Pil scende solo dello 0,15%, 17 volte meno del nostro. La Germania ha 9 reattori operativi che voleva via via spegnere e sta ripensando, con i Verdi al governo, almeno la tempistica. L’Italia, riattivando il carbone, sostituirebbe in pochi mesi il 36% di elettricità oggi prodotta col gas. Brutto dirlo dopo tanti cortei, ma da qualche parte dobbiamo pur cominciare.

Fino al 24 febbraio vivevamo di illusioni e di autocompiacimento, ma ora dobbiamo porci una questione dirimente: sostituire i 30 miliardi di metri cubi del gas russo. Nasceranno altri problemi, li affronteremo, ma adesso la questione è urgente.

Del piano alternativo che è sul tavolo, non solo del nostro ma di tutti i governi europei, fanno parte investimenti sulle rinnovabili come giusto, ma soprattutto diversificazioni a livello di approvvigionamento mondiale. Algeria, Tunisia, Libia, Egitto non sono posti tranquilli, ma la lezione geopolitica russa serva a cautelarci. Molto possono fare i cittadini e la cultura, i media.

Ogni grado in meno impostato sul termostato di casa vale un miliardo risparmiato. Un altro miliardo potrebbe venire dalle imprese e un altro ancora dall’illuminazione pubblica: fa già 10%. A cosa serve il clima equatoriale, spesso fastidioso, di certi negozi con le porte aperte sulle strade? E, perché no, un po’ meno aria condizionata? Tutte le generazioni precedenti non sapevano neanche cosa fosse. E usare i rifiuti per ottenere calore ed elettricità merita davvero solo comitati del no?

Quanti bla bla inutili ci sono stati per ricavare quattro voti in Puglia contro una Tap che oggi ci porta fortunatamente 7 miliardi di metri cubi di gas e potrebbe essere raddoppiata in pochi anni? Il leader del partito che fece quella campagna suicida è lo stesso ministro che oggi è andato a Baku ad implorare di darci subito altri 3 miliardi di gas via Tap. Spiacevole, ci si rimette la faccia, ma vale la pena. E tutto il gas sotto l’Adriatico e succhiato dai Paesi rivieraschi, ma non dall’Italia? Bisognerebbe anche riconoscere che è vergognoso buttar via 5 anni di lungaggini furbastre e 500 milioni di euro a Brindisi (British gas) per non fare un terminale del gas liquido, ora che ci affanniamo a comprare o affittare piattaforme e navi per ormeggiarle al largo.

Se non ora, quando possiamo capire, con la chiarezza di fatti tragici, quale è davvero la nostra convenienza, ma forse anche la nostra credibilità?

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