Facciamo ridere ma è una tragedia

Stiamo facendo ridere il mondo pur mandando in scena una tragedia. Delle due, l’una: o siamo gran bravi o siamo dei gran stupidi, e considerando la situazione dentro e fuori l’Italia, è facile propendere per la seconda opzione.

Siamo alle prese con una guerra alle porte di casa (e non è che le cose si stiano mettendo gran che bene), con una crisi energetica che presumibilmente ci farà vedere i sorci verdi il prossimo inverno (tra una manciata di mesi, non chissà quando), con un tasso d’inflazione che non si vedeva da anni, con una pericolosa recrudescenza dei contagi da Covid, con una siccità quasi senza precedenti, e noi non troviamo niente di meglio che consentire a una manica di «balordi» di mettere in scacco il governo, rischiando di farlo cadere e andare dritti alle elezioni. In mezzo, per inciso, c’è da portare avanti il Pnrr e predisporre la Finanziaria, vere e proprie inezie su cui non vale nemmeno la pena soffermarsi.

Certo, se in campo ci fossero eminenti statisti che si stanno battendo lealmente per assicurare allo Stivale un futuro migliore, si potrebbe anche ingoiare il rospo nel nome di un bene superiore, ma la posta in gioco messa sul tappeto verde dai «golpisti» non è altro che un mischiar le carte per confondere le idee agli elettori e cercare di non perdere lo scranno sul quale stanno seduti. Del premier ai tempi della pandemia, quando - nonostante tutto - riuscì a tenere la barra dritta in un momento di grande confusione, Giuseppe Conte non ha più alcuna «curvatura», tanto che ha finito con il subire le scelte assai poco lungimiranti dei suoi «quattro amici al bar» («uno se ne è andato con la donna al mare» come dice Gino Paoli), un movimento che quando si muove crea solo rumore e confusione e che difficilmente gli italiani premieranno nuovamente alle prossime consultazioni elettorali.

Pensare che occupare l’Aventino (o i banchi dell’opposizione) per qualche tempo possa «candeggiare» la loro posizione e consentire ai «grillini» di tornare appetibili per gli elettori è davvero chiedere molto a un popolo che come tanto rapidamente s’infatua delle «novità» altrettanto velocemente se ne libera senza alcuna remora. Lo stesso dicasi per Matteo Salvini, che a furia di tirar troppo la corda ha riportato il gradimento della Lega, soprattutto al Nord (che dalla sua azione politica non ha praticamente ricavato alcunché) indietro di molti anni, perdendo – dicono i sondaggisti – quasi il 20% dei consensi. Per non parlare, poi, della figuraccia targata Mosca...

Eppure questo manipolo di «politici di razza» tiene sulla graticola l’intero Paese, complici anche i leader «deboli» delle altre forze politiche che, per una ragione o per l’altra, non riescono ad essere determinanti su nulla. La frammentata «carovana» di Letta e del Pd - con Renzi e Calenda al seguito - storce il naso con malcelato disprezzo, ma nulla di più, e Berlusconi ha rimesso il disco «Il centro siamo noi», ma senza poter incidere realmente sulla situazione politica. In tutto questo, Giorgia Meloni si frega le mani, guardando compiaciuta, e anche un po’ divertita, chi, più o meno inconsciamente, le sta preparando il ricco banchetto dove rischia di sedersi a capotavola al termine delle prossime consultazioni elettorali. Un rischio che l’Italia non si può certo permettere, soprattutto all’interno dell’attuale quadro politico europeo e internazionale.

L’ennesima brutta pagina scritta dalla politica italiana si consuma in un assolato giovedì di luglio, con gli italiani che faticano a capire quello che sta succedendo a Roma, sempre più distante dalla vita reale dei cittadini, quest’ultimi alle prese con bollette «monstre» e con un carrello della spesa sempre più pesante, ma solo per il «peso» dello scontrino, non certo per quello che contiene. Non stanno meglio le imprese, affamate di energia e incredule - come ha commentato il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi - «per le manifestazioni di totale irresponsabilità» in corso «che ci lasciano senza parole». Senza parole sono rimasti anche gli italiani, che sui lettini delle spiagge della Penisola (le sdraio sono ormai démodé) preferiscono commentare le vicende sentimental-finanziarie di Francesco Totti e Ilary Blasi.

Una storia d’amore andata in frantumi, così come quelle tra Letta e Renzi, tra Salvini e Di Maio, tra Conte e Salvini, tra Di Maio e Conte, tra Conte e Draghi... Una classe politica che nel tempo ha tentato di rendersi interessante con queste «liaison» da fotoromanzo, dimenticandosi del fatto che gli italiani ne sono avvezzi fin dai tempi di «Dallas», passando per «Beautiful» e arrivare al «Grande Fratello» o a «Uomini e donne». Insomma, una «scuola» mica da ridere. E allora non ci resta che affidarci alla «solitudine dei numeri primi», Sergio Mattarella da una parte e Mario Draghi dall’altra. Ancora una volta, il «miracolo italiano» dipende da loro e dal loro senso di sacrificio per il bene del Paese. Hanno già dimostrato di averne molto, e ne hanno pure consumato molto, ma confidiamo nelle scorte.

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